Il toponimo Pozzo Pantaleo identifica, fin dal Medioevo, le ultime propaggini delle alture gianicolensi, nella zona - ricca di sorgive, cisterne e pozzi - percorsa dal fosso Tiradiavoli.
Esso sembrerebbe risalire ad un certo Pantaleo, proprietario della zona nell’anno 1130, secondo gli archivi della chiesa di Santa Prassede. Oppure - ed è l’ipotesi più diffusa - può far riferimento alla presenza, documentata dal Catalogo di Torino, della piccola chiesa di San Pantaleone (San Pantaleo fuori Porta Portese), oggi scomparsa e della quale non si conosce nemmeno l’esatta ubicazione. Nella mappa di Eufrosino della Volpaia del 1547, la chiesina non compare più, sostituita dall’immagine di un’edicola sacra non meglio identificata, affiancata da un fontanile.
Il pozzo è ancora presente nella Guida dell’Agro romano dell’Eschinardi (1750). La Vigna in luogo detto Pozzo Pantaleo è così suggestivamente descritta: « A destra si può entrare in una gran grotta, o spelonca, la quale era anticamente un ergastolo da tenervi schiavi [...]. Il Pozzo Pantaleo si dice da alcuni essere antico, e che i Gentili se ne servissero superstiziosamente, ed ora è ripieno di terra ».
Nel 1998 la Soprintendenza Archeologica di Roma ha rinvenuto in zona una cisterna romana, rivestita internamente di malta idraulica.