L’istituto Vigna Pia è in origine una tenuta agricola e un orfanotrofio, oggi scuola e sede di comunità religiosa.
La tenuta si forma nel 1850 per volere di Pio IX, come «istituto agrario di carità» per orfani in età da lavoro affidati alla Congregazione della Sacra Famiglia di Bergamo. L’edificio principale del Convitto ha forma quadrangolare con interno cavo e si prolunga nel Padiglione di Leone XIII, del 1889. Nel 1932 la tenuta si costituisce in parrocchia rurale. Peduta nel Dopoguerra la vocazione agricola, nel 1978 il titolo parrocchiale viene trasferito alla nuova chiesa della Sacra Famiglia e l’Istituto diventa una scuola privata collegata con il vicino Sacro cuore, continuando ad ospitare la Procura generale della Sacra Famiglia. I terreni attigui all’Istituto sono oggi interessati dal Piano di recupero B12.
Nel 1850 e 1851 i generosi benefattori Principe Torlonia, Principessa Wolkonski e l’ordine religioso dei Minimi costituiscono una proprietà fondiaria unitaria estesa 22 ettari, denominata Istituto agrario di carità Vigna Pia. Il nome «Pia» trae origine dal papa regnante, Pio IX, promotore e protettore dell’iniziativa.
L’insediamento è strutturato secondo lo schema della «colonìa», cioè una tenuta agricola su vasti terreni a coltura disposti intorno ad un corpo di fabbrica principale, con funzione di centro amministrativo. La popolazione è costituita di «orfani e altri garzonetti più sventurati», in età di lavoro, cioè tra i 7 e i 21 anni. Dopo l’alfabetizzazione essi ricevono la formazione teorica in agronomia e agrimensura, cui segue l’apprendistato di orticultura, cerealicultura e viticultura ed infine il collocamento a servizio in una famiglia rurale. La cura d’anime è affidata alla vicina parrocchia del Casaletto, mentre quella materiale è affidata alla Sacra Famiglia di Bergamo, congregazione di vita religiosa la cui missione è l’apostolato rurale.
L’edificio principale, denominato Convitto, ha forma quadrangolare, con interno cavo, sul quale si affacciano i ballatoi dei dormitori. Una forma architettonica simile si ritrova, oltre che nei convitti, in molte opere architettoniche destinate alla «vita comunitaria di eguali», come ad esempio le carceri.
Il Convitto rivolge il prospetto principale non alla tenuta, ma alla Valle della Magliana e al Tevere, ed è sormontato dallo stemma papale tra due cornucopie colme di grano.
Il Convitto si prolunga in un padiglione di minor altezza, dono di Papa Leone XIII nel 1889. Poco dopo la sua inaugurazione, il 23 aprile 1891, sia il Padiglione che il Convitto sono seriamente danneggiati dallo scoppio accidentale della vicina Polveriera di Forte Portuense.
La tenuta si completa, in origine, con numerosi casali rurali e un portale monumentale sulla Via Portuense, con a fianco una cappellina di campagna: entrambi sono oggi scomparsi.
L’elevazione a parrocchia dell’Istituto Vigna Pia avviene negli Anni Trenta del Novecento, con tratti singolari dovuti alla vocazione rurale dell’insediamento. Per quanto è stato possibile verificare si tratta forse dell’unico caso di una tenuta ecclesiastica elevata a parrocchia.
Il decreto episcopale a firma del Cardinal vicario Francesco Marchetti Selvaggiani «Cum Sanctissimus Dominus» è datato 14 agosto 1932, sotto il pontificato di Pio XI. Alla parrocchia viene conferito il titolo di «Sacra Famiglia a Via Portuense», in riferimento alla congregazione religiosa della Sacra Famiglia di Bergamo che vi opera. La parrocchia è la 72a di Roma. Il territorio parrocchiale coincide in origine con gli attuali quartieri Portuense, Magliana Nuova e Marconi. Per la precisione le aree di Portuense e Magliana Nuova sono desunti dalla parrocchia di Santa Maria del Carmine e San Giuseppe al Casaletto, mentre la parte di Marconi è distaccata da un’altra parrocchia, quella di San Francesco d’Assisi a Ripa Grande. I confini del 1932 sono: «Ponte ferroviario della Linea Roma-Pisa sul fiume Tevere; linee ferroviarie Roma-Pisa e Roma-Viterbo fino a raggiungere il confine della parrocchia di S. Pancrazio; detto confine dalla linea ferroviaria Roma-Viterbo fino a via del Casaletto; detta via fino a via di Monteverde; via di Monteverde fino a via di Valtellina; via di Valtellina; vicolo dell’Imbrecciato; vicolo del Trullo; via della Magliana dal vicolo del Trullo a via del Ponte della Magliana; detta via fino al fiume Tevere; fiume Tevere dal Ponte della Magliana al ponte della linea ferroviaria Roma-Pisa».
Altra particolarità è che, sebbene il Concordato fra Stato italiano e Santa Sede sia stato stipulato appena tre anni prima, nel 1929, il decreto del cardinal Marchetti Selvaggiani non viene trasmesso alle autorità italiane per la ratifica, con la conseguenza che non si poterono celebrare matrimoni con effetti civili nella parrocchia fino agli Anni Sessanta.
Terza singolarità è che alla guida della parrocchia non viene nominato come di consueto un parroco, ma la cura d’anime è affidata «in solidum» (cioè in gruppo, collettivamente) a tutti i sacerdoti dell’Istituto della Sacra Famiglia.
Nel Dopoguerra l’estensione della tenuta viene via via erosa dall’urbanizzazione, fino alla perdita della connotazione agraria.
Man mano che la città avanza, la parrocchia è interessata da progressive riduzioni territoriali, tutte a firma del Cardinal vicario Clemente Micara. La prima porzione a staccarsi è quella dell’attuale quartiere Marconi, con la costituzione il 12 marzo 1955 della nuova parrocchia del Gesù Divino Lavoratore (decreto episcopale «Paterna sollicitudine»). Quattro anni dopo Micara eleva a parrocchia anche la porzione occidentale del Portuense, con il titolo di Santa Silvia (decreto «Ubi primum serena» del 23 febbraio 1959). Nel frattempo, il 9 marzo 1962, la parrocchia ottiene il riconoscimento degli effetti civili uniformandosi alle altre parrocchie «di città».
L’anno successivo dal territorio parrocchiale viene distaccata la porzione di Pian Due Torri, con l’istituzione della nuova parrocchia San Gregorio Magno (decreto «Neminem sane latet» del 14 dicembre 1963).
Intanto il quartiere Portuense perde definitivamente i tratti rurali e assume quelli tipici di una porzione della città. L’Istituto Vigna Pia, avendo perduto la vocazione di istituto agrario (di terreno coltivabile intorno all’Istituto non ve ne è praticamente più!), prosegue e consolida quella all’istruzione dei fanciulli, e acquisisce la forma di una scuola privata con centro giovanile e polisportiva, aperta al quartiere e con un legame forte con il quartiere circostante.
Dagli anni Settanta inizia l’edificazione delle ultime due porzioni libere di terreno, rispettivamente a sud e a est dell’Istituto.
La porzione a sud viene destinata alla costruzione di nuova chiesa, su progetto degli architetti Mario Paniconi e Giulio Pediconi. La nuova chiesa, continuatrice del titolo parrocchiale della Sacra Famiglia, viene inaugurata nel 1978. Di tale edificio parliamo dettagliatamente in un’apposita monografia.
La porzione est, tra via Tajani e via Belluzzo, è caratterizzata da un forte pendio, che in alcuni tratti si fa quasi scarpata. Qui vengono eseguite opere propedeutiche di scavo e di sbancamento (eliminando il declivio naturale di 6/7 m), finalizzate alla costruzione di una scuola comunale. Viene inoltre individuata una preesistenza archeologica su via Belluzzo, che non viene indagata ma viene protetta da un vincolo di tutela statale. Come immaginabile, dopo le opere preliminari, l’edificazione viene interrotta prima di cominciare.
Rimane dunque, ad est dell’Istituto Vigna Pia, un pendio scarpato, che termina 7 m più in basso con il brusco sbancamento della scuola mai costruita e il muro invalicabile della ferrovia FR1. Oltre, ancora 15 m più sotto e dopo aver superato un’ulteriore scarpata, c’è piazza Meucci e il tessuto residenziale del quartiere Marconi.
Tale area, caratterizzata da un dislivello complessivo di 22 m, è stata classificata dagli ultimi due piani regolatori come «ambito di valorizzazione» ed è contrassegnata da due sigle - B12 e B13 - dove grossomodo la prima corrisponde alle aree al di qua della ferrovia (via Tajanai, via Belluzzo) e la seconda a quelle al di là (piazza Meucci).
Gli ambiti di valorizzazione di categoria B, secondo il vigente Piano regolatore, sono i c.d. «non luoghi», cioè quei luoghi mai urbanizzati, con la città che gli è cresciuta intorno. La definizione puntuale di tali ambiti è: «luoghi caratterizzati dall’assenza di una struttura urbana compiuta e da incoerenze e squilibri di tipo morfologico e funzionale».
Il Comune ha voluto compensare i caratteri particolarmente svantaggiati di queste aree (basti pensare al tentativo di edificazione della scuola, fallito, e al vincolo archeologico sul manufatto di via Belluzzo), concedendo al costruttore «pioniere» un «bonus» in termini di metri quadri edificabili, molti di più di quelli delle aree circostanti. Per contro però gli ambiti di valorizzazione sono soggetti a dei limiti: le funzioni abitative devono essere almeno il 50% dell’edificato; tra le destinazioni non residenziali sono escluse quelle più impattanti (centri commerciali, smerci all’ingrosso, depositi e magazzini); e la parte rimanente, non edificata, dev’essere orientata a speciali finalità pubbliche (in genere giardini pubblici), che si trovano indicate ambito per ambito negli «obiettivi di scheda» del Piano regolatore.
L’area si presenta quindi oggi come un «vuoto urbano», dove si alternano pendii con fitta vegetazione spontanea (che in alcuni tratti, per la presenza di alberi, ha raggiunto i caratteri di un bosco), brevi radure, orti privati, e la porzione tutta in piano determinata dal precedente sbancamento. Tra la quota superiore (via Pellati) e quella inferiore (via Belluzzo) c’è un salto di 7 m. Nell’area sono presenti anche tre piccoli insediamenti: un asilo nido, un autolavaggio scoperto, e una coppia di magazzini rurali superstiti.
Benché lo stato dell’ambito sia indicato come «di profondo degrado», ci è parso di riscontrare con una ricognizione dell’area, uno stato di dignitosa compostezza, caratterizzato da vegetazione pulita, piccoli orti e spazi liberi utilizzati come un palliativo di un giardino pubblico, cosa che in effetti nell’area manca e «dichiara» una necessità degli abitanti della zona.
Il 19 maggio 2005 la Società ECG Costruzioni S.r.l., proprietaria dell’86,40% della superficie catastale dell’Ambito B12, presenta al Comune, come «soggetto promotore» una proposta di Piano di recupero. La proposta rimane inattuata.
Il 15 aprile 2008, a seguito dell’approvazione del nuovo Piano regolatore, la stessa società presenta una seconda proposta, che integra la prima alla luce del nuovo PRG. Questo secondo piano di recupero, che peraltro dal 2008 ha subito ulteriori variazioni, si basa su una nuova edificazione privata, concentrata tutta sulla testata d’angolo tra via Greppi e via Pellati. Il «mix funzionale» del nuovo edificio è per l’80% residenziale e per il 20% commerciale. La superficie residua (con l’esclusione di alcune aree intorno alla nuova edificazione, destinate a verde privato) viene attrezzata per la pubblica fruizione, con due opere con finalità pubblica: un belvedere terrazzato nella parte alta, e un giardino lungo i due lati di via Belluzzo fino alla ferrovia, il tutto attraversato da percorrenze pedonali trasversali.
L’Ambito B12 includeva inizialmente anche una porzione al di là della ferrovia verso piazza Meucci: quel brusco salto di 15 m su una superficie di appena 1800 mq che, si intuisce da subito, è la parte più impegnativa dell’ambito.
In fase di istruttoria il costruttore chiede (e ottiene) di poter escludere dal Piano questa porzione estremamente problematica, in quanto «senza continuità funzionale con l’ambito». Anche ammesso di poter attraversare la ferrovia con una passerella pedonale (un sottopasso non appare realizzabile, perché l’area è vincolata come fascia di rispetto dei corsi delle acque pubbliche), subito dopo c’è la scarpata di 15 m, che nella parte finale su via della Magliana Antica si fa addirittura parete verticale, retta da un muraglione di contenimento in cemento armato.
In effetti l’idea di collegare il Portuense (via Pellati) con Marconi (piazza Meucci) attraverso una serie ben congegnata di scale, camminamenti e passerelle è suggestiva. Tuttavia il dislivello complessivo di 22 m e il vincolo ambientale (che impedisce interventi aggressivi) portano l’Amministrazione e il costruttore ad una serena rinuncia: la scarpata viene sottratta dall’ambito B12 ed aggregata all’ambito gemello B13 di piazza Meucci. Intanto, il 22 novembre 2010, arriva intanto il parere favorevole sul Piano B12 da parte dell’Area regionale per la Difesa del Suolo.
Altra vicenda significativa nell’iter del Piano è la questione della superficie edificabile. L’Ambito B12, per le sue caratteristiche di ambito svantaggiato, beneficia del bonus edificatorio che gli urbanisti chamano «SUL aggiuntiva» (dove SUL sta per superficie utile lorda). Inizialmente vi sono dei problemi nel calcolo della SUL, poiché il testo a stampa del Piano regolatore riporta 2000 mq, mentre negli atti è indicato 5000 mq. L’Avvocatura comunale rilascia un parere il 27 aprile 2009, e scioglie il nodo in favore dei 5000 mq. La SUL aggiuntiva comporta per il privato il pagamento di un onere di urbanizzazione (chiamato anche «contributo straordinario») che è stato calcolato in 4.682.269,75 euro.
Nell’estate 2012 c’è una variazione nell’assetto proprietario: il 2 agosto il costruttore rileva le quote di terreno di altri proprietari privati, per complessivi 8161 mq, portandosi al 95,33% della superficie catastale totale (il residuo del 4,67% appartiene a terzi, tra cui rientra anche l’Amministrazione comunale).
A fronte dell’acquisizione di nuove aree il costruttore propone al Comune la «cessione extra-standard» di un’area di 16.403 mq, per la realizzazione del Belvedere a terrazze. Il Comune accetta, stimandone il valore in 1.382.488,02 euro. Per il pagamento il Comune, potendo scegliere fra la «cessione compensativa» (l’importo viene dedotto dagli oneri di urbanizzazione) o la concessione di una «ulteriore capacità edificatoria» (il costruttore può edificare ulteriori metri quadri), il Comune sceglie la cessione compensativa, anche in accoglimento del parere del Municipio del 27 luglio, che si era espresso per uno stop a ulteriori permessi edificatori.
L’ultimo passaggio è l’«azzonamento interno», cioè la divisione dell’ambito in comparti autonomi, chiamati «stralci funzionali». L’ambito è stato diviso in due comparti, «A1» (di maggiori dimensioni, tutto di proprietà del costruttore) e «A2» (molto più piccolo, dove si trovano i proprietari terzi).
Alla luce dei passaggi precedenti il 26 marzo 2013 il privato promotore accetta la proposta di atto d’obbligo, cioè il documento in cui si dettagliano gli oneri e gli onori del Piano. Nel mese di aprile arrivano gli ultimi due pareri favorevoli: quello dell’ U.O. «Città Storica» (del Dipartimento Programmazione e Attuazione urbanistica) e quello del Direttore dello stesso dipartimento, in merito alla sostenibilità finanziaria del Piano. Il Piano viene quindi inviato al Sindaco e alla Giunta per la delibera.
Merita a questo punto di soffermarsi sui caratteri finanziari. I piani di recupero sono definiti «strumenti urbanistici ad intervento indiretto» proprio perché l’Amministrazione realizza finalità pubbliche senza impegnare direttamente capitali pubblici ma delegando la realizzazione al privato proponente. Il Piano di recupero è quindi interamente finanziato con risorse private, che corrispondono agli oneri di urbanizzazione sostenuti dal privato.
Tali oneri ammontano complessivamente a 6.118.203,69 euro: sono i 4.682.269,75 euro del contributo straordinario di urbanizzazione già visti prima per la SUL aggiuntiva, più 1.435.933,94 euro di oneri ordinari (a loro volta composti di oneri per le urbanizzazioni primarie di 747.817,92 euro, per le urbanizzazioni secondarie 440.536,32, per il c.d. «costo di costruzione» 247.579,70).
Questi 6,1 milioni di euro di entrate sono suddivisi in «destinazioni», come «opere a scomputo». Dalla Relazione per il calcolo si rileva quindi che l’impegno di spesa è di 648.578,54 euro per l’urbanizzazione primaria e 397.221,19 per l’urbanizzazione secondaria. Le opere di urbanizzazione primaria sono finanziate con i relativi oneri di urbanizzazione primaria: in caso di saldo positivo le somme residue vanno ad integrare il contributo straordinario (in caso negativo il maggior costo rimane a carico del privato). Lo stesso meccanismo si replica per le opere di urbanizzazione secondaria.
Per quanto riguarda gli oneri straordinari (e gli eventuali residui), essi sono destinati in parte per l’acquisizione in cessione compensativa delle aree extra-standard del Belvedere (1.382.488,02) e in parte per la realizzazione di due opere (2.902.160,08) di urbanizzazione straordinaria.
Le due opere di urbanizzazione straordinaria sono il parco pubblico attrezzato (dal Belvedere a terrazze fino alla parte in piano su via Belluzzo) e la sistemazione della viabilità esterna. Il parco pubblico attrezzato ha un costo stimato di 1.684.848,39 euro e al suo interno sono previste le opere denominate 7/A (parte), 8 e 9. La sistemazione della viabilità esterna ha un costo stimato di 1.217.311,69 euro e si articola nelle opere 1, 2, 5 (parte), 6, e 11.
Il 19 aprile 2013 si è quindi riunita la Giunta capitolina, che ha posto in votazione la Delibera n. 152, intitolata «Ambito di valorizzazione B12 del PRG vigente», con il relativo «Piano di recupero di iniziativa privata». La delibera è stata approvata all’unanimità.
Il 12 giugno 2014 l’Assessorato alla Trasformazione urbana di Roma Capitale e il Dipartimento Programmazione e Attuazione urbanistica hanno avviato, come previsto dal «Regolamento di partecipazione dei cittadini alla trasformazione urbana», l’iter partecipativo: nel corso di incontri pubblici la popolazione residente potrà suggerire ulteriori migliorie del Piano. Al momento in cui scriviamo è stata convocata la prima riunione per il 17 luglio 2014.