Arvalia è la quindicesima partizione amministrativa di Roma, posta a sud-ovest del Centro città, tra la riva destra del Tevere e la Via Portuense. È estesa 71 kmq ed ha una popolazione di 152 mila abitanti.
Secondo la leggenda la comunità portuense nasce dal matrimonio tra Acca Larentia (latina) e Tarun-Faustolo (etrusco), i cui 11 figli si aggregano a Romolo nella fondazione dell’Urbe, divenendo Fratres Arvales, primo sodalizio sacerdotale dell’Antica Roma. Da allora la storia locale attraversa l’antichità, il Medioevo, gli splendori rinascimentali, fino all’edificazione moderna intorno ai nuclei di Portuense e Borgata Magliana. La circoscrizione si forma nel 1972 e dal 2001 diventa municipio, assumendo poteri amministrativi decentrati. Il territorio è diviso in 7 zone urbanistiche: Marconi, Portuense, Magliana Nuova, Trullo, Magliana Vecchia, Corviale e Ponte Galeria.
La terra degli Arvali
È difficile fissare una data iniziale nella storia locale. Si sa che nel Pleistocene (la fase della preistoria più vicina a noi) la linea di costa è assai più arretrata rispetto a quella attuale, e arriva all’incirca a Ponte Galeria. Qui si radunano i grandi mammiferi migratori provenienti dal nord, il cui cammino è interrotto dalla presenza del fiume Tevere. Questo fenomeno, si ipotizza, attira nella Piana di Ponte Galeria una precoce presenza dell’Homo Sapiens, nomade e cacciatore. Tuttavia i primi insediamenti stanziali e ritrovamenti archeologici non si riscontano che nell’Età del bronzo. La traccia più antica di una comunità portuense è ad oggi attestata dalla Necropoli protostorica della Muratella.
Dal X secolo a.C. arrivano Fenici e Greci, che risalgono il Tevere contendendo agli Etruschi di Vejo le rotte commerciali verso l’entroterra, fissando lungo il fiume i primi avamposti militari. Di essi non rimangono tracce archeologiche, e si fa fatica a pensare che siano stati costituiti da qualcosa di più che capanne di legno e paglia, sebbene è assai popolare tra gli studiosi l’ipotesi di un insediamento etrusco ben organizzato, chiamato Allias, posto a presidio della confluenza del fiume Magliana nel Tevere. Agli archeologi il compito di trovarlo.
I Latini arrivano nell’VIII secolo a.C. Il mito fondativo portuense, raccontato da Macrobio (Saturnalia, I, 10), riporta del matrimonio leggendario tra la meretrice Acca Larentia, latina, ed il pastore Tarun (che in altre versioni è chiamato anche Faustolo), etrusco, da cui si origina una numerosa figliolanza, costituita di 12 fratelli. Dopo la morte di uno di essi, Faustolo raccoglie, abbandonati lungo il fiume, la coppia di gemelli Romolo e Remo, e da allora la storia del Territorio Portuense e quella di Roma si fondono in una cosa sola.
Riporta la tradizione che Romolo costituisce i suoi 11 fratelli adottivi nel più antico sodalizio sacerdotale di Roma, i Fratres Arvales, divenendone egli stesso il capo. Agli Arvali è affidato il compito sacro di propiziare raccolti generosi e le fortune dello Stato Romano, tramite invocazioni rituali a Dia, divinità primigenia della luce solare che nutre e fa maturare le messi negli Arva (i campi spartiti fra uomini liberi) in rigogliosi raccolti. La terra degli Arvali è dunque, sin dalle origini mitiche, sorella maggiore di Roma, e insieme terra di transito, incontro e meticciato tra culture.
Fin qui la storia locale è avvolta nella leggenda, nelle ipotesi, nelle suggestioni, e non mancherà, nel corso della narrazione, il loro racconto. Una data convenzionale, quella del 21 aprile del 753 a.C., data della fondazione dell’Urbe, segna l’inizio della nostra storia.
Cronologia portuense
Nella narrazione della storia locale l’Archivio Storico Portuense segue un modello lineare del tempo, con gli eventi ordinati in sequenza, secondo l’ordine del prima e del poi. In questa linea taluni eventi speciali, che chiamiamo cesure storiche (e portano con sé un cambiamento del tipo di società e conseguentemente un passaggio di epoca), permettono di suddividere la storia locale in 9 periodi.
Il primo periodo (Epoca Arcaica) va dal 753 a.C. al 509 a.C., anno della cacciata di Tarquinio il Superbo, della fine della monarchia e dell’instaurazione della Repubblica. Questa nuova fase (Epoca Repubblicana) fase si chiude nel 31 a.C., quando Ottaviano, sconfitti i rivali, assume il potere personale assoluto. L’Impero (Epoca Imperiale) termina con una data simbolica, il 410 d.C., anno del saccheggio dei Goti. Il lungo sonno del Medioevo (Epoca Medievale) termina nel 1471, con l’avvento alla Tenuta della Magliana di Papa Sisto IV e dei suoi successori rinascimentali, caratterizzati da fasti e splendori, ma anche da un lungo periodo di decadenza sei-settecentesca (Epoca Rinascimentale e Decadenza). Questa fase termina nel 1799, con l’arrivo delle truppe napoleoniche.
L’epoca successiva (il Primo Ottocento) è segnato da una straordinaria fioritura urbanistica, dalla nascita del Catasto e dagli slanci riformisti dei papi-re. La Repubblica Romana del 1848 avvia una nuova epoca, quella del Risorgimento e della nascita del Regno unitario d’Italia (Risorgimento e Regno). La Marcia su Roma del 1922 apre la breve dolorosa stagione corporativa (Ventennio fascista), che si chiude con la Liberazione del 1944. Da qui ai giorni nostri parliamo infine di Epoca contemporanea.
Il modello comprende anche due epoche supplementari: il Futuro, in cui includiamo le progettualità edilizie non ancora realizzate, e una categoria residuale Senza tempo, utilizzata soprattutto per i beni del Paesaggio, per i quali la nozione del tempo storico sostanzialmente non rileva.
Arvalia, XV Municipio di Roma
Nel 1909 l’urbanista Edmond Sanjust di Teulada e il sindaco di allora, Ernesto Nathan, avviano un processo di riordino amministrativo della città di Roma, che porta, in oltre cento anni, dal primo Piano regolatore generale alla attuale suddivisione amministrativa in 19 municipi.
Il Piano regolatore data 1909 e divide Roma in quattro anelli concentrici: Città storica, Città moderna, Città in espansione ed Aree rurali. Al suo interno ciascun anello è suddiviso in comprensori omogenei, chiamati rioni nella Città storica, quartieri nella Città moderna, suburbi nelle aree in espansione e settori d’Agro in quelle rurali.
Nel 1966 l’impianto ad anelli viene abbandonato e al suo posto il Legislatore - nella prospettiva di dotare parti del territorio comunale di poteri amministrativi decentrati sul modello degli arrondissements francesi - riaggrega gli esistenti quartieri, suburbi e settori d’Agro in nuove entità territoriali, chiamate circoscrizioni. Esse sono disposte secondo un impianto radiale intorno al Centro storico ed hanno per lo più forma di striscia e si sviluppano lungo le direttrici delle grandi strade consolari romane.
In questa prima suddivisione le attuali circoscrizioni XV e XVI, e una piccola parte della XIV (divenuta in seguito l’autonomo Comune di Fiumicino) costituiscono un’unica entità amministrativa (la c.d. Grande Circoscrizione Portuense), estesa fra il Tevere e l’Aurelia, dal Gianicolo all’Aeroporto dell’Urbe, e attraversata centralmente dalla Via Portuense. La Grande circoscrizione ha vita breve, e nel 1972 viene frazionata, chiamando XV tutto ciò che si trova alla sinistra della Via Portuense, e XVI tutto ciò che si trova sulla destra, mentre la piccola porzione dell’Aeroporto viene aggregata alla Circoscrizione XIV. Il nuovo confine della XV con Fiumicino è dato dall’Autostrada per Civitavecchia, mentre il confine con la XVI segue per lungo tratto la Via Portuense, e, nel settore più occidentale segue via della Pisana, via di Monte Carnevale e viabilità minore.
La XV Circoscrizione assume quindi i contorni attuali ed ha la superficie complessiva di 70.875 kmq.
I 7 quartieri di Arvalia
Un ulteriore passaggio avviene nel 1977, con la zonizzazione, cioè la divisione interna dei territori circoscrizionali in zone urbanistiche omogenee, oggi impropriamente chiamate quartieri.
La Circoscrizione XV viene divisa in 7 zone, numerate progressivamente con le lettere da A a G: Marconi (A), Portuense (B), Pian Due Torri (C), Trullo (D), Magliana (E), Corviale (F) e Ponte Galeria (G). Col tempo al toponimo di Pian Due Torri si affianca, fino a sostituirlo progressivamente, quello di Magliana Nuova; parallelamente il toponimo di Magliana viene distinto in Magliana Vecchia.
Il lavoro di zonizzazione viene elaborato da urbanisti, sulla base dello studio delle uniformità architettoniche, ed utilizza confini razionali, di tipo naturale come corsi d’acqua o linee di crinale, o artificiale come la Via Portuense, la Ferrovia Roma-Pisa, il Grande Raccordo Anulare. Questo modello presenta un impianto razionale, ma ha il limite di non tenere conto delle estensioni culturali, creando spesso problemi di collocazione. Ne sono esempi lampanti l’inclusione geografica della Borgata Magliana nel quadrante del Trullo (mentre invece è il cuore della Magliana Vecchia) e dell’abitato di Santa Passera nel Portuense, che, seppur in una posizione del tutto peculiare, è considerato contiguo alla Magliana Nuova.
Un secondo limite della zonizzazione è di non tenere conto delle nuove centralità urbane, sorte dopo il 1977. Ne sono un esempio il Nuovo Corviale, Piana del Sole, Muratella, Nuova Fiera di Roma, ecc., i quali, pur essendo di fatto nei nuovi quartieri, non sono al momento considerati tali. L’Archivio Storico Portuense adotta come modello toponomastico la Zonizzazione del 1977, non essendo al momento disponibili ulteriori e più consolidati modelli.
Evoluzione demografica
Di pari passo al lavoro degli urbanisti il Comune di Roma promuove, nei primi Anni Ottanta, un intenso lavoro di indagine sociologica, statistica e demografica, per capire quanto questi nuovi confini disegnati su una mappa corrispondano ad una nuova comunità locale. Nella XV Circoscrizione questo lavoro viene svolto dalla impiegata Nicoletta Campanella, ancora oggi ricordata per la grande umanità, abnegazione e spirito di servizio. La Signora Nicoletta, seppur nella pochezza dei mezzi a disposizione, credeva profondamente nella dignità e valore del lavoro che andava a svolgere.
Nel 1981 (considerato l’anno zero per lo studio del territorio, essendosi in quell’anno svolto il censimento generale della popolazione), nella Circoscrizione risiedono 168.166 abitanti. Oggi gli abitanti sono 152.700 (dato del 2010), in forte diminuzione rispetto a trent’anni fa. La densità era allora di 24 abitanti per ettaro (oggi è scesa a 21,5).
Il calo demografico è un fenomeno relativamente recente. Le serie storiche indicano una crescita ininterrotta a livello cittadino, e il sovrappopolamento risulta, negli scritti della Campanella, come uno dei problemi più sentiti. Si pensi che nel 1881 la densità su Roma era di appena 1,8 abitanti per ettarno; nel 1941 sale a 9,3; nel 1961 sale al 10,9 e nel 1981 è a 19. Scrive la sociologa Campanella: «Roma assorbe il flusso migratorio proveniente soprattutto dall’entroterra e dal Mezzogiorno. È cresciuta, quindi, in fretta e senza regole. I vari piani regolatori che si sono susseguiti sono stati sempre disattesi, e per volontà politica, e perché la veloce crescita non permette piani a lunga scadenza: la gente ha bisogno di case e se le costruisce magari con le proprie mani. Dove il popolo non arriva da solo ci pensano gli speculatori, ai quali con la scusa del bisogno impellente di case si lascia fare di tutto».
Eppure, già nel 1981, la sociologa preconizza un’inversione di tendenza: «Questo salire, questo continuo crescere, sta volgendo alla fine. Nell’area meridionale e nell’area occidentale del Comune di Roma nel prossimo futuro dovrà esserci una forte riduzione dell’edilizia sia dentro che fuori il Gran Raccordo Anulare, con un blocco dell’edificazione a favore dell’ambiente e del patrimonio esistente».
Nel Territorio Portuense gli abitanti sono per lo più di origine romana. La Campanella spiega così: «La XV ha il primato dei nati nel Lazio, il 71%, che si può dedurre siano anche in gran parte romani. Un numero rilevante della popolazione proviene dalle altre regioni, prime fra tutte quelle meridionali».
Nell’81 la media dei componenti per famiglia è 3,16 persone, con una natalità leggermente superiore al dato romano e una significativa presenza di giovani. Gli anziani (premettendo che nel 1981 si considera anziano chi ha più di 60 anni) costituiscono l’11,3% della popolazione (la media romana è invece il 15,8%).
La scolarizzazione è bassa. I capofamiglia laureati sono solo il 5,6% (la media romana è dell’11%), i diplomati sono il 18% (20% su Roma) e ci sono l’1,2% di capofamiglia analfabeti. La popolazione attiva è al 34%, e solo un terzo è donna. Disoccupati e in attesa di prima occupazione sono il 6,9%, sopra la media cittadina. Tra i giovani c’è un 11,2% che abbandona gli studi e non lavora (media romana 10,5%).
Il 24% dei lavoratori è impiegato entro il territorio municipale, mentre il 3,2% lavora fuori comune. Insieme ai lavoratori si spostano anche gli studenti: il 67,7% di essi studia fuori dai confini circoscrizionali, diretti principalmente in XVI e in I. A fronte di questo flusso in uscita, la circoscrizione registra ogni giorno 14.771 lavoratori in entrata, provenienti da fuori. Gli studenti in entrata sono 1386.
Per quanto riguarda la situazione abitativa, i dati del 1981 indicano che un terzo delle famiglie ha casa di proprietà (18.686 case); i restanti sono in affitto da privati (29.728), da Stato ed Enti (6967), dall’Istituto Case Popolari (1993). Ci sono 4784 case sfitte. «Case senza inquilini e inquilini senza case!», chiosa la Campanella. Ci sono 208 case senza gabinetto e senz’acqua, e 93 con l’acqua ma senza gabinetto.
La Campanella pone l’attenzione su 1644 case in cui si verificano coabitazioni promiscue, nelle quali la necessità e non la scelta ha messo a convivere famiglie diverse. Scrive: «Le abitazioni vuote in XV non sono tutte private: 227 appartengono allo Stato e ad Enti pubblici, e 610 allo IACP. Tutte queste case insieme potrebbero dare ospitalità a più della metà dei coabitanti».
Nel 1981 il verde pubblico ammonta a 279.016 mq, pari allo 0,4% della superficie totale. In quegli stessi anni la media su Roma è 1,8%.
Nel 2011 si è svolto un nuovo censimento generale. Ci proponiamo, nonappena saranno disponibili i dati aggregati per Municipio, di raffrontare i dati di trent’anni fa con quelli attuali.
Il nome Arvalia
È opportuno soffermarsi sulle origini del nome Arvalia, e degli altri toponimi locali Magliana e Portuense. Quando dal 1992 le circoscrizioni si trasfomano in nuove municipalità urbane, ad esse viene concesso di scegliere un nome con cui identificarsi. Nella XV Circoscrizione la scelta è assai difficile, non certo per l’assenza di idee, ma al contrario per la loro abbondanza. Nel concorso di idee del 1996 - in cui ai ragazzini delle scuole, gli utenti dei centri anziani e i lettori delle biblioteche viene chiesto di suggerire un nome - ci sono tre nomi che vanno per la maggiore: Portuense, Magliana e Arvalia.
Il primo nome - Portuense - deriva da quello della strada consolare Via Portuensis, costeggia l’intero territorio circoscrizionale da Ponte Marconi a Ponte Galeria. La strada, come tutte le strade dell’antichità, prende il nome dalla sua destinazione, ovvero l’antica città di Portus presso il Porto di Claudio a Fiumicino.
L’origine del secondo nome - Magliana - è invece avvolta nel mistero. La tesi più popolare evoca l’antica Gens Manlia (la famiglia romana dei Manlii o Manìli) come possessori di vasti terreni nella nostra contrada. Mancano però riscontri archeologici: non una sola epigrafe attesta i Manlii alla Magliana. E il monogramma «M», rinvenuto in una tomba romana a via Ravizza, non può certo dirsi una prova definitiva.
Una seconda tesi, più raffinata, ipotizza l’esistenza di un guado tra le due sponde del Tevere presso il Santuario di Dia alla Magliana. Nella lingua latina il punto di guado era spesso definito come «molleus» (molle, cioè di facile attraversamento per le deboli correnti e il fondale basso). Non mancano qui dei riscontri nella topografia laziale. Ad esempio numerosi paesi tiberini oggi si chiamano Magliana o Magliano proprio per la presenza di un antico guado. Quello che manca, a ben vedere, è proprio l’attraversamento sul fiume, perché la stretta Ansa della Magliana Vecchia è caratterizzata da impetuose correnti che ne rendono senz’altro sconsigliabile l’attraversamento a nuoto o in barchetta.
Una terza tesi, la più suggestiva ma senz’altro la più ardita, identifica il fiume Allias (dove si combatté la sanguinosa Battaglia di Allia, luogo mai identificato con certezza) con il Fosso della Magliana, affluente di destra del Tevere. Qui sarebbe esistita una città mitica sotto il controllo etrusco, di nome Alliane, posta a presidio dell’imbocco del fiumiciattolo nel Tevere. Come per la prima tesi, mancano completamente i riscontri archeologici, sebbene esista qualche cenno letterario.
È possibile infine che il nome Magliana sia un banale localismo: in un’epoca imprecisata fra l’Antichità e il Medioevo, le terre della Magliana possono essere appartenute ad un tale Manlius, che ha dato loro il nome. Di certo, il termine Manliana fa la sua prima apparizione ufficiale soltanto in un documento medievale, e precisamente un atto di concessione del 1018, che affida il Fundus Manlianus ai Monaci di San Pancrazio. Nel 1074 c’è un cambio di concessionario, in favore dei Monaci di San Paolo Extra Muros, e nell’atto si cita la presenza di una cappellina di Sanctus Johannis de Maliana. Un secolo dopo, nel 1184, nel passaggio di mano in favore dei Monaci Benedettini, compare un’alta variazione sul tema e si parla di Fundus Manliani.
Il nome Arvalia è invece tutta un’altra storia, frutto di una profonda elaborazione culturale che unisce idealmente la nuova entità municipale con la sua più antica origine. Arvalia è infatti la contrazione di Lucus Fratrum Arvalium, Bosco sacro dei Sacerdoti Arvali, il cui santuario era intitolato alla Dea Dia, divinità primigenia della luce solare che nutre e fa maturare le messi degli Arva (i campi spartiti fra uomini liberi) in rigogliosi raccolti. La tradizione vuole che gli Arvali siano stati il primo collegio sacerdotale della Roma Antica, istituito dallo stesso Romolo tra i suoi 11 fratelli di adozione. Secondo il mito fondativo portuense, raccontato da Macrobio (Saturnalia, I, 10), gli Arvali erano latini per parte di madre (la meretrice Acca Larentia) ed etruschi per parte di padre (il pastore Tarun). Arvalia è dunque, sin dalle origini mitiche, sorella maggiore dell’Urbe romana, e insieme terra di transito, incontro e meticciato tra culture. E tale è, ancora oggi.
È proprio quest’ultimo nome carico di suggestioni a spuntarla nel concorso di idee, seguito a stretta distanza nella votazione da quello di Portuense. Il Municipio decide allora di adottare una doppia denominazione, di Arvalia-Portuense.
Da segnalare che esistono anche altre definizioni culturali, meno note ma egualmente appropriate a descrivere il territorio. Al poeta latino Ovidio si attribuisce la formula Ripa Suburbana Tiberis (Territorio rivierasco a valle dell’Urbe, cfr. Fasti del 24 giugno), da cui si ritiene sia nata la definizione classica di Suburbium (Circondario a valle dell’Urbe), adottata sotto il Principato di Augusto, quando Roma fu divisa in regiones amministrative, per indicare la porzione extraurbana fra il Gianicolo e il mare. Proprio al legame con il mare si rifà l’ultima delle definizioni classiche - Ab Janiculo ad mare (Territorio fra il Gianicolo e il mare) -, utilizzata dallo storiografo Svetonio (cfr. Vite, Vespasiano, 1). |
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– Antefissa di Arvalia di Giuliano Giganti, bronzo Ø cm 40 circa (+1)
Arvalia (Municipio), monografia pp. 12 di Antonello Anappo, in Biblioteca (Sala 2) inv. 1 /B
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Dechiaratione delle dicontro strade fuori della Porta Portese (1660) (foto di Antonello Anappo, altre 4149 immagini nel Fondo fotografico)
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