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Pratorotondo

Pratorotondo, monografia pp. 2 di Antonello Anappo (Fondo Riva Portuense, Roma 2005 )

 

Pratorotondo è una mezzaluna di terreno alluvionale, compresa tra Pian Due torri e il Tevere. L’area, per le forti correnti e le continue inondazioni, era inadatta all’agricoltura già in epoca romana, e destinata a sepolcreto.

Il toponimo “volgarmente detto Prato Rotondo, canneto di pezze sei incirca” compare per la prima volta in un atto del 1565, studiato da Carla Benocci. Durante la furiosa pestilenza del 1656 i magistrati cittadini vi relegano (“in apposito luogo alle Due torri”) le sepolture degli ebrei, che accusano di diffondere il morbo. L’insolità profilassi ovviamente non servì e il flagello infuriò ancora due anni senza distinzione di età, censo o fede. 

Il luogo era già caro alle comunità ebraiche: qui una tradizione ritiene disperso il candelabro d’oro a sette bracci del Tempio di Gerusalemme (la “Menorah”).

Giunto a Roma nel 70 d.C., il sacro Candelabro sarebbe stato razziato dai Vandali sotto il pontificato di Gregorio Magno (590-604) e caricato su un barcone fluviale, naufragato da queste parti. La versione di Procopio di Cesarea nel “De bello gothico” è però diversa: dice che fu papa Gregorio a gettare a fiume i tesori, per sottrarli ai barbari. Da allora comunque la Menorah si perde: ne rimane lo splendido rilievo nell’Arco di Tito. 

 


Pian Due Torri, olio su tela cm 32 × 58 di Anonimo, in Collezione d’Arte (Corridoio) inv. 26 /A

Pratorotondo, monografia pp. 2 di Antonello Anappo, in Biblioteca (Sala 2) inv. 198 /B

Vedi anche:
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Pratorotondo. Fotografia scattata a bordo del barcone fluviale Invincibile (foto di Antonello Anappo, altre 223 immagini nel Fondo fotografico)

scheda inventariale

Inventario

 

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