La Via Portuense-Campana è un asse viario dell’antichità, che costeggia la riva destra del Tevere congiungendo l’Urbe con il suo Porto.
La strada è data dalla sovrapposizione, in epoche storiche diverse, di almeno cinque tracciati: la Via Campana arcaica (IX sec. a.C.?), la Via Campana monumentale (in Età Claudia), la Via Portuense (di Età Traianea), e i rifacimenti medievali; infine la viabilità moderna - data dalla somma della SP1 Via Portuense e Via della Magliana, con l’autostrada Roma-Fiumicino - pur insistendo su un tracciato diverso, ne replica sostanzialmente la funzione di arteria del settore sud-occidentale fra Roma e la costa.
La Via Campana prende il nome dalla sua destinazione, il Campus Salinarum Romanarum, le Saline alla foce del Tevere (citate nell’epigrafe CIL XIV, 4285), identificabili grossomodo con la parte meridionale degli Stagni di Maccarese.
La strada non nasce da una pianificazione urbanistica ma, per così dire, da una rotta commerciale naturale, che congiunge l’abitato arcaico di Roma al Foro Boario con i giacimenti di sale, seguendo la riva destra del Tevere. Fin dal IX sec. a.C. il sale insieme ad altre merci dirette a Roma vengono stivate su imbarcazioni a fondo piatto (naves caudicarie o anche semplici chiatte), e risalgono il fiume controcorrente, trainate da coppie di buoi.
Convenzionalmente il percorso della Via Campana si fa nascere dalle Mura Serviane, dalla Porta Trigemina. Assecondando i meandri del fiume la Via raggiunge il Santuario di Fors Fortuna e l’abitato di Pozzo Pantaleo, per piegare poi nuovamente verso il fiume, lungo un tracciato che si ipotizza grossomodo sovrapponibile con l’odierna via della Magliana, toccando il porto fluviale di Vicus Alexandri (Santa Passera). Tra il V e il VI miglio la Campana interseca il secondo Santuario di Fors Fortuna, parte del Lucus dei Fratres Arvales. Questo punto, che segna il confine dell’Ager Romanus Antiquus, era anche il punto di metà percorrenza.
Da qui in poi le fonti si fanno avare. A Parco de’ Medici sono stati ritrovati una coppia di ponti romani di età imperiale, ma gli archeologi dubitano che siano direttamente collegati alla Via Campana. La strada raggiunge così il Rio Galeria, affluente di destra del Tevere, superandolo con un ponte. Gli studiosi concordano sul fatto che il ponte romano non dovesse essere distante dal moderno attraversamento carrabile. Di questo avviso è ad esempio, Laura Cianfriglia, che ritiene i resti di un pilone di età romana situato nelle vicinanze come fortemente indiziato di far parte dell’antico ponte. Il ponte risulta comunque ancora praticabile nel 1548, quando Giandomenico Boccamazza, maestro di caccia della Corte papale, lo descrive come un «ponte di pietra, ch’è sopra il Galera».
Per l’ultimo tratto in direzione delle Saline i ritrovamenti archeologici ci forniscono un quadro sorprendente: la strada attraversa la piana con un rettilineo diagonale in viadotto sopraelevato, distaccandosi dal corso del fiume. Questo “taglio obliquo” ha generato più di un dubbio interpretativo, perché secondo le fonti la Campana assecondava integralmente il corso naturale del fiume. Il fatto è stato spiegato da Tuccimei e Serlorenzi con la localizzazione di un pantano idrotermale: il modo migliore per oltrepassarlo era tirar dritto con un percorso rettilineo, poggiato su ponti di legno. E là dove finiscono i ponti, finisce anche la Via Campana, giunta ormai a destinazione nel cuore delle Saline.
Taluni hanno ipotizzato la prosecuzione della Campana con una carreggiata di servizio fino al mare, relativa alla fase di controllo degli Etruschi Veienti. L’ipotesi si è rivelata corretta solo per metà, perché gli Etruschi non commerciavano con le flotte fenicie e greche sulla costa, ma aspettavano che giungesseo via Tevere direttamente alle Saline, che erano un grande emporio a cielo aperto. Eppure, la strada di servizio esiste per davvero (un tratto è stato ritrovato nel 1973), sebbene non risalga che al IV sec. a.C., quando l’area è ormai romanizzata.
Almeno per le origini la Campana aveva l’aspetto di un battuto stradale, creato più dal prolungato passaggio dei bovini che dall’intervento di maestranze operaie organizzate. Una datazione al carbonio su resti della Via Campana in località Nuova Fiera di Roma, condotta nel 2008, ha permesso di datare i più antichi interventi edilizi intorno al 643 a.C. La tecnica costruttiva è grossolana ma solida. Si scavava una trincea sul piano di campagna, e vi si gettava un sottofondo stradale (piccole e medie schegge di tufo ben compattate). Al di sopra viene poggiata la carreggiata (massi di tufo sbozzati, cementati insieme dal limo argilloso estratto durante l’escavazione della trincea). Infine, sopra la carreggiata veniva posto il pavimentum (uno strato compatto di ghiaia), delimitato da una fila di crepidini laterali per impedire l’invasione delle acque piovane e costituire all’occorrenza un rudimentale marciapiede.
La Via, si è detto, iniziava (o terminava) al Foro Boario. Ma questo non era la fine (o il principio) di tutto: passata l’Isola Tiberina, la strada si immetteva nella Via Salaria, che proseguiva la risalita del fiume Tevere verso le parti più interne e remote dell’Italia centrale. Per questo gli studiosi parlano anche di un unico Asse viario Salaro-Campano, indicandolo come il principale percorso di comunicazione dell’Italia centrale di epoca pre-romana. In epoca romana la gestione amministrativa della strada è affidata ad un magistrato. Il Curator viarum della Via Campana presiedeva anche ad un’altra via, la Via Ostiensis, che può definirsi la gemella della Via Campana e compie un percorso speculare sulla riva sinistra del Tevere, raggiungendo il porto di Ostia.
Questa lunga fase di vita della Via, che va dall’Epoca arcaica ai primi anni dell’età imperiale, è detta dagli studiosi Periodo 1.
La Via Campana - via di penetrazione ideale verso l’interno per commercianti punici, greci, etruschi e latini delle origini -, alla metà del I sec. d.C. non basta più. Le chiatte trainate da buoi, carichi non solo di sale ma di merci di ogni genere dirette ad una metropoli da un milione di abitanti, generano continui litigiosi ingorghi. Senza contare che il Porto di Ostia, ormai troppo piccolo, riversa sulla frontistante Via Ostiensis un traffico pesante dagli stessi vertiginosi livelli di traffico.
L’imperatore Claudio decide così di decongestionare il porto di Ostia, avviando la costruzione di un secondo bacino marittimo a nord di quello di Ostia, a ridosso delle Saline alla foce del Tevere. Per la Via Campana inizia così quella che potremmo definire una seconda vita.
Il saggio Imperatore mette in cantiere quella che gli studiosi chiamano «monumentalizzazione» della Via Campana, che altro non è che il rifacimento e allargamento della strada esistente, e la realizzazione ex novo, per liberare i tratti più congestionati, di un raccordo e di una circonvallazione.
Il raccordo collega le Saline al mare (più precisamente, al Porto), riadattando la viabilità di servizio del IV sec. a.C. (gli archeologi ne hanno indagato un tratto, al Km 19,700, presso il Tempio di Portuno): la Campana è così finalmente collegata al mare.
La circonvallazione si distacca dalla Via Campana al XIV miglio, in località Chiesuola di Ponte Galeria, e si riunisce alla Campana al II miglio, in località Pozzo Pantaleo, tagliando con un rettilineo di circa 6 miglia le alture e le selve portuensi, ed evitando i meandri tortuosi del Tevere, che sono lunghi circa il doppio. La circonvallazione consente di snellire di 1/3 a percorrenza complessiva.
Claudio non immagina in questa fase, probabilmente, di avere di fatto costruito una nuova strada, ma si pone l’obiettivo di adeguare razionalmente la strada esistente alle esigenze della Capitale imperiale, smistandone i flussi di traffico in base al volume di carico: il traffico pesante (le merci che dal mare raggiungono Roma) segue il percorso originario lungo il fiume; mentre il traffico leggero (cui si aggiunge il traffico di ritorno, alleggerito dei pesanti carichi) segue invece la circonvallazione nell’entroterra.
Questa fase di rinascita della Via Campana, che dura per un cinquantennio da Claudio a Traiano, è detta dagli studiosi Periodo 2.
Alla dine del I sec. d.C. anche il Porto di Claudio si rivela insufficiente ad approvvigionare l’Urbe. Così Traiano interviene sul porto esistente e avvia la costruzione di un bacino interno, collegato attraverso canali al Porto di Claudio e al Tevere.
La realizzazione del bacino interno, di forma esagonale, avviene rinunciando a parte delle Saline, che vengono scavate e allagate. Intorno fioriscono magazzini di stoccaggio merci ed il porto diviene una vera e propria città, che prende il nome di Portus.
In questa fase Traiano avvia il completo rifacimento della Via Campana, abbandonando i tratti dei meandri e utilizzando il rettilineo di Claudio come percorso principale. Si viene di fatto a costituire una seconda via, che, in onore della sua destinazione Portus prende il nome di Via Portuensis.
In questa fase la Portuense si allarga, viene lastricata di basoli in crepidine in grado di sopportare un robusto traffico di carri, e, nei tratti soggetti ad allagamento, viene sopraelevata con percorrenze ad arcate simili ad acquedotti, assicurandone la percorribilità in ogni stagione.
Questa seconda vita della Via Campana, che assicura alla strada la sopravvivenza al lungo sonno medievale, è detta dagli studiosi Periodo 3.
Il tratto finale della Via, quello tra Ponte Galeria e le Saline, richiede continue manutenzioni, la cui qualità è sempre più scadente man mano che l’Impero si avvicina al Tardo Antico e poi al lungo sonno dell’Età di mezzo.
In particolare i tratti finali della Via, in viadotto sopraelevato circondato dalle acque, sono soggetti a continui crolli e vengono rattoppati alla meno peggio. Oppure, quando in epoca medievale non si possiedono più le cognizioni per restaurare i ponti, vengono aggirati mediante la creazione di viottoli di servizio che nei punti di crollo aggiravano le arcate perdute con discese e risalite. E se poi la stagione era quella delle precipitazioni invernali, nemmeno i viottoli servivano a raggiungere il mare.
Una datazione al carbonio, effettuata in occasione di recenti scavi sul tratto presso la Nuova Fiera di Roma, ha indicato l’anno 982 d.C. come il momento critico della vita della Via, sommersa da detriti fluviali probabilmente a seguito di una piena eccezionale. L’indagine al carbonio si incrocia, del resto, con una fonte storica, la bolla di Benedetto VIII (1° agosto del 1018) che descrive la zona fra Ponte Galeria e le saline come riconquistata dalle selve e impantanata: «cum terminis limitibusque suis, terris, casalibus, sylvis atque pantanis, cum ponte et ipsum vicum qui vocatur Galera».
Si ha notizia di rifacimenti in epoca medievale, attribuiti all’architetto Giuliano da Sangallo. I committenti pontifici sono in realtà molto più interessati all’edificazione di vedette semaforiche e difensive, più che al recupero della funzionalità stradale. Succede così che a distanza di pochi anni le piene eccezionali del 1530 e del 1557 ricoprono definitivamente di fanghi l’antica arteria stradale. Le torri di guardia sopravvivono invece ancora oggi.
Nel 1660 l’agrimensore incaricato di descrivere l’area nel Catasto Alessandrino, vi annota la presenza di uno stagno, attraversato dalla strada romana ancora visibile sebbene non più percorribile. In didascalia, al numero XXVIII, annota: «ponte rotto, che segue passato Ponte Galera».
La viabilità moderna replica sostanzialmente il percorso funzionale antico, pur insistendo su un tracciato diverso e non sovrapponibile alla Via Portuense-Campana antica.
Sorprende tuttavia notare che, come in antico, il collegamento fra Roma e il mare si basa su un doppio tracciato: uno sinuoso e a scorrimento lento (data dalla Strada Provinciale 1 Via Portuense e da Via della Magliana), e uno rettilineo a scorrimento veloce, l’Autostrada A91 Roma-Fiumicino.
L’autostrada viene messa in cantiere nella seconda metà degli Anni Cinquanta per congiungere Roma con il suo aeroporto, allora in costruzione presso Fiumicino. Anche se dal 1969 la denominazione ufficiale è autostrada, si tratta in realtà di una strada statale (la n. 201) attrezzata per lo scorrimento veloce, e attualmente senza pagamento di pedaggio.
Il tracciato si sviluppa per 18,5 km, di cui 6,5 in tratto urbano (il nome corretto è tronco di penetrazione urbana), e 12 km fra lo svincolo del GRA e l’Aeroporto (tronco autostradale). Il “km 0” è posto nello stretto gomito di distacco dal Viadotto della Magliana, in prossimità delle uscite Via della Magliana e Viale Isacco Newton. Dopo aver superato con un ponte sospeso a tracciato curvilineo il tratto panoramico presso l’Ansa della Magliana, l’autostrada assume l’aspetto di un rettilineo. Dopo l’uscita Parco dei Medici si raggiunge al km 6,600 il grande svincolo a quadrifoglio che immette sul Grande Raccordo Anulare e sulla nuova viabilità complanare.
La Complanare permette di accedere alle uscite delle c.d. nuove urbanizzazioni: Ponte Galeria, Fiera di Roma e Parco Leonardo, mentre il troncone principale dell’autostrada procede spedito verso l’innesto dell’Autostrada Roma-Civitavecchia (al km 14,300) e verso la sua destinazione, ai terminal dell’Aeroporto internazionale Leonardo da Vinci (km 18,500).
I lavori di costruzione sono svolti dall’ANAS (che ne è anche l’esercente attuale) e si concludono nel 1959, in tempo per l’apertura al pubblico dell’Aeroporto. Nel 1965 una frana investe il viadotto presso l’Ansa della Magliana: il tratto viene smantellato e sostituito con un ponte sospeso ad unica luce, che porta oggi il nome del suo progettista, l’ingegner Riccardo Morandi.
In occasione del Giubileo del 2000 l’autostrada viene ampliata, con la costruzione della terza corsia, nel tratto che va dal Grande Raccordo Anulare all’Aeroporto, e ammodernata, dotandola di un impianto di illuminazione arancione e LED rossi sui lati. Nel maggio 2010 si concludono i lavori della Complanare, una strada di servizio per raccordare l’autostrada con le nuove edificazioni intorno alla Fiera di Roma. |
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La Via Portuense-Campana, monografia pp. 10 di M. Giovagnoli - A. Anappo, in Biblioteca (Sala 2) inv. 512 /B
Vedi anche:
Via Portuense
Porta Portuense
Tevere
Ferrovia Portuense
Valle dei Casali
Atlante dei beni cul…
Tratto di Via Campana a Pozzo Pantaleo (foto di Antonello Anappo, altre 3 immagini nel Fondo fotografico)
scheda inventariale
Inventario
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