Rete Ferrovia Portuense è il nome convenzionale che diamo all’insieme di tratte, diramazioni, ponti, fermate e stazioni che insistono o attraversano il Territorio portuense.
Il grosso delle opere è costruito tra il 1855 e il 1878 per volontà di Pio IX. La costruzione della ferrovia assume, per le suggestioni legate alla fine del potere temporale dei Papi, i contorni di un’epopea risorgimentale. Le tratte sono la costiera nord Roma-Civitavecchia (1859) e la Ponte Galeria-Fiumicino (1878); le diramazioni sono: diramazione di Ponte dell’Industria (1863), diramazione del Porto fluviale (1911-1954) e il passante di Maccarese (1990). Le stazioni oggi esistenti sono: Trastevere, Villa Bonelli, Magliana, Muratella, Ponte Galeria, Fiera di Roma. Su di esse transitano la Linea interregionale Tirrenica e le linee FR1, FR3 e FR5 del trasporto regionale.
La prima ferrovia italiana è nel Regno delle Due Sicilie. Dopo la Napoli-Portici (1839) Re Ferdinando II collega la capitale partenopea con Capua, Castellammare, Caserta, e forma una piccola ma moderna rete ferroviaria. Di lì a breve anche il Lombardo-Veneto, la Toscana e il Piemonte seguono l’esempio, dotandosi di piccole ed efficienti reti. E si comincia così a pensare ad una rete di reti, una rete ferroviaria italiana che anticipi nel nome del progresso quell’unità nazionale che ancora manca.
Ma negli Stati della Chiesa, però, l’allora pontefice Gregorio XVI di questo argomento non vuol proprio sentir parlare, e il mezzo di trasporto allora più in voga è ancora il dorso di somaro. Il papa conservatore considera le ferrovie delle «manifestazioni del Demonio», comprovato dal fatto che le locomotive emettono luciferini sbuffi di vapore. Nel 1846 affida al suo computista generale, il cavalier Angelo Galli, il compito di rispondere ad uno sparuto gruppo di intellettuali pro-ferrovia a Roma, con un documento intitolato Lista di cinque obiezioni. La Ferrovia, vi si legge: I. accresce la povertà; II. danneggia i commercianti; III. compromette la sicurezza degli Stati; IV. compromette la sicurezza interna; V. facilita il contrabbando.
Una qual certa ragione il cavalier Galli ce l’ha - basti pensare che le truppe di Nino Bixio e quelle del generale Cadorna a Roma ci arriveranno intreno! -, e oltretutto gli Stati della Chiesa non producono né ferro né carbone, che sono le materie prime, rispettivamente, per costruire le strade ferrate e per alimentare i treni. Ma il progresso è fatto del dialogo tra cinque obiezioni e mille speranze, e nella Corte papale sono in molti a vedere, in caute aperture alla modernità, uno strumento per rinsaldare il consenso tra i ceti borghesi, in un decennio che per il potere temporale della Chiesa si preannuncia turbolento, e potrebbe anche essere l’ultimo. Su questa linea pare sia segretamente schierato anche il cavalier Galli, ma Papa Gregorio tiene la Corte saldamente in pugno.
Bisogna aspettare il suo successore, Giovanni Maria Mastai Ferretti, salito al Soglio pontificio il 16 giugno 1846 con il nome di Pio IX, perché a Roma si torni a parlare di treni. Il lungo pontificato di Pio IX sarà del resto caratterizzato da profonde riforme nelle istituzioni sociali, delle quali l’epopea ferroviaria romana è, a suo modo, l’emblema.
Uno dei primi atti di governo nuovo pontefice, datato 7 novembre 1846, è la Notificazione per la costruzione di tre grandi linee, a firma del nuovo segretario di Stato, cardinal Gizzi. La Notificazione è un manifesto politico pro-ferrovia, in cui si annuncia non l’apertura di questo o quel cantiere, ma la progettazione organica di un’intera rete ferroviaria, basata su tre grandi linee: la Centrale nel Lazio; la Meridionale per Napoli; la Settentrionale per Bologna.
La Linea Pio Centrale ha il suo cardine su Roma, e collega in tre tratte l’Urbe con i suoi tre porti commerciali: la tratta costiera nord raggiunge Civitavecchia; la costiera sud raggiunge Anzio; infine la tratta interna, che si preannuncia come la più impegnativa, scavalca gli Appennini e si attesta sull’Adriatico, ad Ancona.
La linea meridionale, chiamata Linea Pio Latina, è diretta a sud: la prima tratta collega Roma con Frascati; la seconda procede fino all’allaccio con la ferrovia borbonica. La linea settentrionale, chiamata Linea Pio Emilia, è diretta a nord, e fa cardine su Bologna: la prima tratta procede si allaccia ad Ancona alla Linea centrale e procede verso Bologna; la seconda da Bologna arriva alla dogana sul Fiume Po, e di lì si allaccia alla rete lombardo-veneta.
Pio IX ragiona anche su una quarta linea, diretta a Firenze attraversando le cittadine umbre. Succede che i negoziatori romani e quelli toscani si incontrano, ma non trovano l’accordo: il tratto appenninico si presenta assai oneroso. La stampa internazionale comunque, e soprattutto quella francese, non manca di entusiasmarsi per le direttive illuminate e amiche del progresso del Papa ferroviere.
L’anno in cui i progetti diventano cantieri è il 1855. La prima tratta a vedere la luce è la Porta Maggiore-Frascati sulla Linea Latina, realizzata dalla Società York, e inaugurata il 7 luglio 1856. La stampa sarà sempre presente ad ogni inaugurazione, e così il cronista Carlo Mascherpa racconta la giornata memorabile: «Monsignor Palermo vescovo di Porfirio, nella stazione temporanea di Porta Maggiore, che è la prima che sìasi eretta in Roma, in mezzo al raccoglimento di grande moltitudine di astanti, recitate le apposite preci, asperse con l’acqua santa la strada, e benedisse quindi fra le salmodìe dei Cantori le Locomotive messe a festa […]. Alle due e mezzo, datosi il segnale della partenza, il convoglio lasciava la stazione fra gli applausi di una gran folla di popolo […]. Ed in poco più di 30 minuti percorreva il tratto da Roma a Frascati, ove l’intero municipio tuscolano […] ne salutava con giubilo l’auspicato arrivo». Così conclude il cronista: «Le fabbriche già costrutte e l’apertura di sempre nuove officine sono frutto della benefica concessione del sempre provvido Pontefice».
Ma l’obiettivo della Pio Latina è ben oltre Frascati, è Napoli. Il Regno Borbonico è infatti il principale partner commerciale degli Stati della Chiesa, da cui giongono ogni giorno derrate, prodotti manufatturieri e industriali. Dopo Frascati il cantiere non si ferma: raggiungerà Velletri (29 dicembre 1862), attraverserà la Ciociaria, e infine farà capolinea alla Dogana di Ceprano, dove c’è l’allacciamento con la rete ferroviaria borbonica.
Intanto, siamo sempre nel 1855, in contemporanea col cantiere per Frascati si aprono altri due cantieri, sulle tratte della linea settentrionale: Bologna-Ferrara, e Ancona-Bologna. Nel complesso gli appalti ferroviari sono caratterizzati da una certa spregiudicatezza: le imprese costruttrici non sono molte, e il Governo romano, allettato dall’idea di finire in fretta, chiude un occhio sulle numerose commistioni di interessi fra le imprese. Succede spesso che gli appalti, affidati di tratta in tratta a ditte diverse, vengano poi subappaltati dalla vincitrice alle altre imprese escluse. Tra tutte le imprese, però, la parte del leone la fa la Casalvaldès, che cambierà in seguito nome in Société Générale des Chemins de Fer Romains, e che tutti a Roma chiamano La Pio Centrale, dal nome della linea di cui è aggiudicataria.
Nella tratta interna della linea centrale Roma-Ancona, però, il meccanismo dei subappalti si inceppa, e c’è un fallimento famoso, quello dell’impresa subappaltatrice York, e non è ben chiaro chi debba farsi carico delle maggiori spese. Sulla percorrenza Roma-Foligno - dove è necessario superare le asprezze dell’Appennino - si è sempre sul punto di dichiarare la resa. Ma Pio IX non molla: chiude un occhio e spesso tutti e due, e obbliga le imprese ad avanzare a colpi di viadotti e gallerie. Una dopo l’altra vedono la luce opere di ingegneria arditissime: i tunnel della Balduina, del Fossato, della Gola della Rossa; due ponti sul Tevere; un ponte sull’Esino; un numero infinito di grandi viadotti. La linea si completerà solo dieci anni dopo, il 29 aprile 1866. Pio IX non avrà però la gioia di arrivare in treno sull’Adriatico: già dal 1860 infatti Ancona è una città italiana.
L’anno dopo, siamo nel 1856, iniziano i lavori della tratta costiera nord della Linea Pio Centrale, la Roma-Civitavecchia. L’appalto, vinto dalla Casavaldès, prevede in favore dei costruttori anche il diritto di esercizio per 99 anni.
Legato al contratto c’è un aneddoto curioso. Pio IX ha fretta di concludere i lavori, e richiede tassativamente che l’approdo marittimo di Civitavecchia sia congiunto alla nuova stazione romana di Porta Portese entro tre anni. Viste le difficoltà incontrate nella tratta appenninica, il pontefice non crede che la casa ferroviaria francese riuscirà a compiere l’impresa nel termine fissato, e si spinge ad inserire nel contratto una clausola-scommessa che prevede un premio esorbitante - ben un milione di lire! - in caso di successo dell’impresa.
La Casalvaldès adotta un diverso metodo di lavoro: anziché cantiere dopo cantiere, andando da Roma verso Civitavecchia, apre in contemporanea 27 cantieri su tutti i 73 km di percorrenza (all’incirca uno ogni 2/3 km). Nella fabbrica lavorano 800 manovali, reclutati in maggioranza dall’Abruzzo. Il lavoro è continuo, su turni di notte e di giorno. Dal punto di vista tecnico viene realizzata una linea a binario unico, ma la linea è predisposta per la costruzione di un secondo binario, da realizzarsi in seguito.
Il viaggio di collaudo avviene il 25 marzo 1859, mentre l’apertura al traffico avviene il successivo 16 aprile.
La Casalvaldès, dunque, ha vinto la scommessa. E non si conosce lo stato d’animo del pontefice: amareggiato per aver il premio aggiuntivo che deve corrispondere ai costruttori, o segretamente compiaciuto perché il successo della Casalvaldès è insieme un suo successo e un successo della Chiesa al passo coi tempi. Scrive Venditti: «Tutti si sentono orgogliosi per una così grande realizzazione, ma nel contempo anche sbalorditi e quasi impauriti nel constatare la potenza di quella macchina infernale, che riesce a trainare a quella velocità tre enormi vagoni, e per di più carichi di gente».
Non essendo ancora del tutto rifinita la Stazione di Porta Portese, la cerimonia di inaugurazione avviene vicino alla stazioncina della Magliana. Racconta lo studioso locale Emilio Venditti: «Pio IX invia un suo delegato a portare un messaggio di congratulazione per questo nuovissimo e rivoluzionario impianto. La cerimonia solenne della benedizione della ferrovia è impartita dal rappresentante papale, proprio lungo il tratto di strada ferrata che attraversa la Magliana, alla presenza di una grande moltitudine di romani. I cronisti descrivono il compiacimento delle autorità capitoline e di tutta la popolazione per tale grande opera, che permette di raggiungere comodamente Civitavecchia in due ore e mezzo soltanto».
È soprattutto un successo della borghesia romana, che è lo sponsor morale dell’impresa ferroviaria. «I primi passeggeri - riporta Venditti - sono le autorità cittadine: gli uomini in scoppettoni e le donne in crinolina, precisa il cronista dell’epoca, per sottolineare il rango e l’eleganza di quei primi fortunati viaggiatori».
Nel popolino invece, si fa strada l’idea di un altrove rispetto alla Magliana, legato alla città che precede e al mare che segue. Si viene così a costruire, con la ferrovia, una geografia del cuore negli abitanti della contrada, che può riassumersi in questo detto: «Cosa c’è oltre Roma? Trastevere. Cosa c’è oltre Trastevere? La Magliana. E cosa c’è oltre la Magliana? Il mare». Il mezzo per uscire da sé è una corsa in treno, a folle velocità. Scrive Venditti: «Uno dei desideri più vivi del popolino in quel periodo è quello di poter salire sul treno, e fare un viaggetto fino al mare di Civitavecchia a folle andatura sulla strada ferrata».
Ma «la doccia fredda - continua - i romani l’ebbero quando vennero a sapere che il biglietto per Civitavecchia costava 9 lire e 60 centesimi in prima classe, e 6 lire in seconda classe. E che inoltre, per prendere il treno, occorreva l’autorizzazione dell’Offizio Passaporti, mentre, se si rimaneva fuori la notte, occorreva fare anche una suppletiva dichiarazione giustificativa. In altre parole, recarsi a Civitavecchia equivaleva quasi ad andare all’estero. Erano i tempi in cui a Roma al tramonto venivano chiuse le porte di ingresso alla Città, e chi faceva tardi la sera doveva aspettare il giorno seguente per rientrare. Questa, sembra incredibile, è storia di appena cento anni fa».
Ai nostri concittadini di un secolo fa non rimaneva quindi che godersi il sogno di un viaggio solamente immaginato, attendendo su un prato il transito del treno: «È curioso ricordare - scrive Venditti - come i romani del secolo scorso, per assistere al passaggio di una locomotiva con tre carrozze, facevano a piedi chilometri di strada, si accampavano per tempo sul prato con moglie e ragazzini, e aspettavano ansiosi di godersi lo straordinario spettacolo del ciuff-ciuff del treno, consumando felici la merenda fatta di pane, cicoria e caciotta, accompagnata dall’immancabile fiaschetto di vino bianco. Era un’altra epoca. Lo stress non si conosceva ancora».
Con l’apertura delle corse regolari per Civitavecchia l’impresa ferroviaria non è terminata, anzi è solo al suo esordio.
La costiera nord è infatti la prima delle tre tratte che compongono l’ambizioso progetto di Pio IX di una Linea Centrale a servizio della Capitale pontificia. Mentre i primi treni raggiungono Civitavecchia, ci sono infatti in piedi altri due alacri cantieri, per l’apertura di altrettante nuove tratte: la costiera sud fra Roma e Anzio, e la lunga e impegnativa tratta interna per collegare Roma con Ancona. Proprio la realizzazione di quest’ultima tratta, per le mille difficoltà, assumerà i contorni di un’epopea - tra arditissimi viadotti appenninici arditissimi e improvvisi tumulti garibaldini - e non sarà completata che nel 1866, quando Ancona è già una città piemontese.
In quel periodo i computisti di Pio IX fanno presente al pontefice l’esistenza di un serio problema, di carattere ferroviario e militare insieme. Si era deciso infatti di non fare entrare le ferrovie direttamente in città, attestandole fuori dalle mura, nel timore che il treno avrebbe potuto portare con sé, fin dentro l’abitato, anche ciurme di invasori travestiti da viaggiatori. Ma avere i capolinea delle tratte fuori porta, insieme al vantaggio difensivo, porta l’indubbio handicap che le tre tratte della Linea Pio Centrale sono scollegate fra di loro.
Non si sa bene di chi sia stata l’idea, fatto sta che si fa largo in quel periodo l’idea di un Anello ferroviario, che, girando intorno alla città senza entrarvi, intercetti i capolinea delle tre tratte, raccordandole finalmente in un’unica linea.
Si aprono i cantieri e il primo tratto dell’Anello vede la luce nel 1863, ed ha la forma tecnica di una diramazione. La diramazione si innesta sulla costiera nord per Civitavecchia poco prima del capolinea di Porta Portese, dove oggi c’è piazza Ampère. La diramazione attraversa piazzale della Radio e poi prosegue su via Pacinotti, superando il fiume Tevere sul nuovo e avvenieristico Ponte dell’Industria, costruito per l’occasione, in tempi record e interamente con componenti prefabbricate in ferro e ghisa.
Nel punto di bivio tra la tratta principale e la diramazione viene realizzata una stazioncina di smistamento, chiamata Roma San Paolo.
Tra il 1864 e il 1867 la linea per Civitavecchia è prolungata fino a Orbetello, dove si innesta con le ferrovie toscane.
Nel 1867, quando ormai l’Italia è quasi fatta, e il Papato è accerchiato dentro i confini del Lazio, la rete ferroviaria di Pio IX può dirsi praticamente completa, e rimane solo da realizzare la linea per Firenze, al cui completamento peraltro non manca molto.
A Roma entra in servizio la Stazione Termini, che è il grande capolinea di tutte le linee ferroviarie di Pio IX. Arrivano a Termini treni non solo quelli provenienti da Frascati, ma anche quelli provenienti da Orbetello (in Toscana), da Ceccano (in Ciociaria), da Orte (Alto Lazio), dove si incontrano le linee toscane e quelle provenienti da Ancona.
La linea costiera nord di Pio IX viene in seguito prolungata fino a Pisa ed è oggi chiamata Ferrovia Tirrenica, o, tra gli addetti ai lavori, Dorsale Tirrenica, poiché rappresenta una delle principali direttrici della Rete Ferroviaria Italiana. Misura 312 km e termina a Livorno, dopo aver attraversato la costa nord del Lazio e l’intera costa toscana.
È gestita da RFI, è a doppio binario.
La diramazione di Fiumicino
La diramazione Ponte Galeria - Fiumicino è una breve tratta ferroviaria, che congiunge lo snodo sulla Via Portuense con il mare (il porto), l’aeroporto e l’abitato di Fiumicino.
La sua storia, breve ma ricca di avvenimenti, è strettamente legata alla storia della tratta costiera-nord della Linea Pio Centrale, tra Roma e Civitavecchia.
Fin dall’apertura al pubblico, il 16 aprile 1859, viene notato che è possibile realizzare una diramazione che raggiunga la foce del Tevere, lunga appena una decina di chilometri. Il costo di costruzione si presenta davvero contenuto: si tratta infatti di una piana alluvionale in cui non ci sono ostacoli naturali (è possibile realizzare una linea completamente in rettilineo, con appena una leggera pendenza del 5‰ sulla percorrenza finale, vicino al mare). Per giunta la proprietà dei terreni è in gran parte pubblica.
Si apre il cantiere, e la nuova tratta viene aperta al pubblico il 6 maggio 1878.
La percorrenza complessiva è di 10,4 km. La diramazione è a binario unico (il raddoppio arriverà solo nel 1961).
La diramazione inizia alle spalle della Stazione di Ponte Galeria e l’arrivo è nella città di Fiumicino. Qui viene edificata una stazione.
C’è una sola fermata intermedia, presso l’antico abitato di Porto, in aperta campagna (nel 1961 sarà trasformata in stazione).
La linea è dotata anche di un breve collegamento di 0,7 km tra la città di Fiumicino e il Portocanale, lungo le banchine commerciali alla foce del Tevere, sul ramo artificiale di Isola Sacra.
Lo studioso di storia ferroviaria Omar Cugini ha rinvenuto il primo orario di servizio della Linea Roma-Fiumicino (che utilizza la diramazione di Ponte Galeria). La linea è servita da due coppie di treni giornaliere, in partenza alle 7,05 e alle 17,05 da Roma Termini, e alle 9,50 e alle 18,45 da Fiumicino. Il tempo di percorrenza è di 34 minuti.
Nel corso degli anni il traffico commerciale tra il Portocanale e Roma si rivela comodo e fiorente, al punto che lo scalo merci si rivela insufficiente. Sotto il fascismo, nel 1927, lo scalo merci viene trasformato in stazione e prende il nome di Fiumicino Portocanale.
Il 14 novembre 1938 la linea viene completamente elettrificata. Scrive Omar Cugini: «Sono gli anni di massimo splendore, sia per il traffico passeggeri che per quello merci: infatti oltre al Portocanale è presente tutta una serie di raccordi per collegare le allora numerose industrie presenti nella zona».
Gli interventi per il nuovo aeroporto
Le devastazioni della guerra interessano solo marginalmente la linea, che nel Dopoguerra torna subito in servizio. C’è un calo del traffico merci, dovuto al fatto che comincia ad essere più conveniente trasportare su gomma, anziché su rotaia. Ma al Portocanale è ancora possibile assistere ad un discreto movimento, e alle manovre degli automotori del Gruppo 211 tra le rotaie della stazione fluviale.
La linea, essendo strutturata in un lungo rettifilo, è una delle prime a passare al servizio navetta: i treni reversibili E 626 a telecomando parziale possono correre in entrambe le direzioni senza dover fare ad ogni capolinea le complesse operazioni di inversione della motrice su binari di servizio. E la linea ne risulta ora comoda e veloce.
L’apertura, sul finire degli Anni Cinquanta, del nuovo Aeroporto internazionale Leonardi Da Vinci, è l’inizio per la Linea Roma-Fiumicino di una seconda vita. Nel 1961 si decidono tre interventi: il raddoppio del binario su tutta la linea; il potenziamento della fermata di Porto e la trasformazione in stazione, per servire il nuovo Aeroscalo internazionale; il miglioramento del percorso, costruendo un raccordo all’altezza della fermata di Porto.
Il primo intervento viene realizzato agevolmente: la linea si dota del secondo binario, rendendo possibile il simultaneo passaggio di due treni, e quindi il raddoppio del traffico passeggeri. Sulla linea transitano ora le moderne vetture ALe801/940.
Anche il secondo intervento riesce, e la fermata di Porto diventa una moderna stazione con ben 4 binari. Ma i risultati in termini di aumento del traffico passeggeri non sono quelli sperati. Scrive Omar Cugini: «Nelle intenzioni delle FS questa stazione avrebbe dovuto servire i passeggeri diretti all’Aeroporto. In realtà non servì praticamente a nessuno, essendo posta a circa 3 km dagli ingressi aeroportuali. La gente, invece di servirsi del servizio ferroviario, affidato ormai alle ALe801/940, preferì continuare a servirsi degli autoservizi in partenza dal primo Air Terminal di via Giolitti, vicino la Stazione Termini».
La costruzione dell’aeroporto non incide insomma sulla vita tranquilla della linea per Fiumicino: linea merci e passeggeri insieme. Così il terzo intervento, «il raccordo, nonostante si mostrasse privo di particolari problemi di realizzazione, essendo la zona ancora in aperta campagna, non viene mai realizzato».
Negli anni Settanta il traffico merci cala, fino quasi a scomparire, perché ormai si trasporta tutto su autostrada: scompaiono molte industrie della zona e la Stazione Portocanale perde di importanza fino a tornare fermata e diventare il set decadente e sinistro di molti film di terz’ordine. La linea però ha ancora un discreto successo come linea balneare: tanto traffico passeggeri nella stagione estiva, e un traffico passeggeri limitato ai soli pendolari di Fiumicino, una cittadina con meno di cinquantamila abitanti. Mantenere impiedi la linea per l’Aeroporto è una questione di immagine, ma nel frattempo anche le FS declassano la stazione dell’Aeroporto a semplice fermata.
I dirigenti delle Ferrovie studiano varie ipotesi di rilancio, e tornano a lavorare al progetto di un raccordo per superare i 3 km che separano la ferrovia dall’Aeroporto. Intanto il traffico merci cala ancora, tanto che nel settembre 1989 la fermata di Portocanale viene definitivamente chiusa.
Il passante di Maccarese
In occasione dei Mondiali di calcio, che si tengono nel 1990 in Italia, tutta la rete ferroviaria romana è soggetta ad un ammodernamento e ad un ripensamento delle percorrenze. Si fa strada l’idea di separare la Dorsale Tirrenica dai collegamenti per l’Aeroporto, costruendo un passante, a nord della tratta esistente su cui deviare la Dorsale.
L’opera viene aperta al traffico ferroviario il 25 maggio 1990 e prende il nome di Passante Trastevere-Maccarese. Si tratta di un piccolo raccordo ferroviario che sostituisce la percorrenza Trastevere-Maccarese via Ponte Galeria, nel quadrante sud-ovest, con una percorrenza più breve, che da Trastevere raggiunge direttamente Maccarese (al km 34,200), passando per la Stazione Aurelia, nel quadrante ovest.
Il vecchio ramo Trastevere-Maccarese via Ponte Galeria rimane in funzione per la linea merci, a transito prevalentemente notturno.
Il passante Roma-Maccarese via Aurelia, avendo separato la Roma-Fiumicino dalla Linea Tirrenica, rende obsoleta la Stazione San Paolo, che, avendo perduto la funzione primaria di regolare gli scambi in diramazione subito prima di Trastevere, viene avviata allo smantellamento. In quest’anno dunque lo snodo di Trastevere cessa di essere stazione di diramazione per diventare stazione passante (i treni in transito possono attraversarla senza dover fermare in stazione), e quindi tecnicamente Trastevere cessa anche di essere uno snodo.
Nello stesso anno avviene la fusione operativa della Stazione Trastevere con la vicina Stazione Ostiense, in riva sinistra, dove vengono concentrate le operazioni di smistamento dei binari: pur mantenendo per il pubblico due distinte denominazioni (Trastevere e Ostiense) le due stazioni sono da quest’anno una super-stazione, dislocata sulle due sponde del fiume e collegata da moderne interconnessioni. Così è ancora oggi.
Per la linea Roma-Fiumicino l’occasione di rilancio arriva con i Mondiali di calcio di Italia 90. Per quell’anno l’evento sportivo internazionale prevede un ingente arrivo di visitatori da ogni parte del mondo, e il collegamento della ferrovia con l’Aeroporto torna ad essere una priorità.
Si trovano i fondi e viene approvato un progetto - che in verità lascia perplessi molti progettisti - di un avvenieristico Air Terminal nell’area dell’ex Scalo merci Ostiense.
Il 27 maggio 1990, appena in tempo per il fischio d’inizio dei giochi, viene inaugurato il raccordo, lungo 3,2 km, pendenza 14‰, interamente costruito in viadotto, che porta la ferrovia fin dentro l’Aeroporto, con la nuova Stazione Fiumicino Aeroporto realizzata al 1° piano del Fabbricato Voli internazionali, al km 31,400. All’inizio della diramazione viene creato uno scalo tecnico, chiamato Bivio di Porto, che viene telecomandato dalla stazione di Fiumicino Aeroporto. La vecchia fermata di Porto viene definitivamente chiusa.
Il 1990 è l’anno di gloria della Linea Roma-Fiumicino, fiore all’occhiello dell’Italia, quinta potenza economica mondiale. La linea è servita da vetture ALe601 con il logo Alitalia e i tre colori della bandiera nazionale. Si creano per l’occasione due linee ferroviarie speciali dirette, ribattezzate voli di sperficie: la Firenze-Fiumicino e la Napoli-Fiumicino, con i primi treni ETR 500, quattro volte al giorno.
La FR1 e il Leonardo Express
Durante i Mondiali di calcio di Italia 90 vengono occasionalmente create delle corse prolungate della Fiumicino-Air Terminal Ostiense, che proseguono, sfruttando l’anello ferroviario urbano, fino a Stazione Tiburtina, secondo snodo ferroviario di Roma.
È probabilmente in questa circostanza che si fa strada l’idea di recuperare l’ormai obsoleta rete ferroviaria urbana di Papa Pio IX, trasformandola in una moderna metropolitana di superficie, sul modello della RER francese. Ci si accorge così che, facendo correre nuovi treni, più agili, sui tracciati di più linee diverse, si possono creare nuove linee urbane capaci di assorbire un grande numero di viaggiatori. Questo progetto, che prende il nome di cura del ferro, ha avuto tra i suoi più accesi sostenitori l’allora sindaco di Roma Francesco Rutelli.
Nasce così, nel 1993, la prima linea FM1 (dove FM sta per ferrovia metropolitana), che collega stabilmente la Stazione Tiburtina con l’Aeroporto di Fiumicino, attraversando l’intera città da nord-est a sud-ovest.
Successivamente la linea, innestandosi sulle ferrovie regionali, viene prolungata fino a Fara Sabina, divenendo FR1 (dove Fr sta per ferrovia regionale).
Nel 1999 entrano in servizio sulla FM1 i primi TAF, Treni ad Alta Frequentazione (composti di Ale 426/506 + Le739; prima insieme alle ALe801/940, e poi prendendone il posto).
Sempre nel 1999 viene creato un nuovo servizio, chiamato no-stop Termini-Fiumicino Aeroporto (oggi Leonardo Express), trainati dalle nuove locomotive E464 (E464 + carrozze UIC appositamente ristrutturate), in precedenza affidati ai complessi di ALe841.
Sulla FR1 l’offerta tipica è di 4 treni l’ora: di essi due seguono la percorrenza breve Aeroporto-Fara Sabina; il terzo è prolungato fino a Poggio Mirteto; il quarto è ulteriormente prolungato fino ad Orte.
Esiste infine un servizio speciale diretto Roma-Aeroporto, chiamato Leonardo Express. In un primo tempo il servizio partiva dall’Air Terminal di Roma Ostiense. Oggi il servizio parte da Roma Termini.
In attesa del Giubileo
Ma l’euforia mondiale di Italia 90 dura poco, il tempo di una festa.
Spostata la direttrice principale sul nuovo raccordo per l’Aeroporto (dove fa capolinea il maggior numero di treni), la vecchia percorrenza per l’abitato urbano di Fiumicino diventa un ramo secco, utile soltanto per la stagione del mare. La stazione urbana di Fiumicino, per distinguerla dalle altre stazioni dell’area, viene ribattezzata Fiumicino Paese.
Nel 1994 l’innovativo metodo della stazione telecomandata, già sperimentato allo scalo tecnico di Bivio di Porto, viene esteso anche alla stazione di Fiumicino Paese, dove viene soppresso anche il servizio di biglietteria.
Nel 1994, con l’attivazione della linea FM1, i servizi per Fiumicino Città si attestano all’Air Terminal della Stazione Ostiense.
I servizi Alitalia per i Mondiani vengono soppressi appena quattro anni dopo la loro istituzione, nel 1994.
Riporta Omar Cugini che sulla linea corrono treni ALe801/940 e i complessi di E646 + carrozze a piano ribassato.
Nel 1995 arrivano i primi moderni complessi ALe841, nella tratta diretta tra Roma Termini e Fiumicino Aeroporto.
Intorno al 1994-95 l’Air Terminal viene chiuso al traffico e i treni per Fiumicino Città seguono le sorti dell’FM1, attestandosi a Fara Sabina, capolinea della FM1, con un’offerta di un treno ogni ora.
Il grande Giubileo dell’anno Duemila sarà l’occasione per nuovi cambiamenti sulla linea.
I nuovi asset regionali
Nel 1999 è insomma ormai chiaro che la direttrice principale della linea è quella per l’aeroporto, e la percorrenza per Fiumicino Paese è ormai un ramo secco. In quegli anni i tecnici delle FS valutano la soppressione della linea per Fiumicino Paese.
Un aneddoto popolare vuole che sul finire del 1999 le Ferrovie abbiano deciso di testare gli effetti del cosiddetto Millennium Bug sulla rete ferroviaria, prendendo in esame proprio l’area di Fiumicino Paese. La Ferrovia viene interrotta per molti giorni e si comincia a pensare che in realtà si tratti delle prove generali della chiusura della linea. Non si sa quanto c’è di vero in questo aneddoto; fatto sta che la diramazione per Fiumicino Paese viene effettivamente chiusa il 30 gennaio 2000, e al suo posto viene istituito un autobus per Ponte Galeria, alla frequenza di 15 minuti. Mentre viene annunciata, l’imminente realizzazione di una nuova stazione in corrispondenza del Bivio di Porto (che non verrà mai realizzata).
L’area della vecchia stazione viene destinata dal Comune di Fiumicino alla nuova piazza di fronte alla nuova sede municipale, ma per qualche tempo la linea viene mantenuta armata, in attesa di trovare una buona idea sul da farsi per rilanciare i trasporti della cittadina.
Ma inevitabilmente, sulla tratta non più utilizzata, inizia il degrado. C’è qualche protesta dei pendolari, ma nel complesso nulla si muove.
Nel 2002 c’è un bel progetto, promosso da associazioni ambientaliste, per recuperare la vecchia stazione di Porto facendone la porta di accesso all’area archeologica di Porto. Ma non se ne fa nulla. Intanto anche i deviatoi di Bivio di Porto vengono sostituiti da un semplice posto di comunicazione, telecomandato dalla stazione di Fiumicino Aeroporto.
Nel 2003 si fa avanti l’ANAS, che presenta un progetto di recupero del sedime ferroviario per trasformarlo in una carreggiata stradale. Ma nemmeno qui se ne fa nulla.
C’è un altro bel progetto per la realizzazione di un tram locale sulla ex linea ferroviaria. Idem come sopra. E intanto la vegetazione si impadronisce dei binari. Nel frattempo RFI rimuove l’elettrificazione e disattiva gli apparati di stazione.
Nel 2003 si parla di un progetto di riattivazione della linea, a servizio del Porto di Fiumicino. Ma la notizia è di poco successiva e contrastante con un’altra notizia che dice che Ferservizi, società immobiliare delle Ferrovie, avrebbe messo in vendita le aree in blocco.
A distanza di anni anche il Bivio di Porto viene smantellato.
Nel 2005, al km 26,800, viene realizzata la nuova stazione di Parco Leonardo.
Nel 2007 arriva la parola fine: il Comune di Fiumicino, proprietario dell’area della Stazione di Fiumicino Paese la vende ad un consorzio di costruttori, che decide per la demolizione e la costruzione, al suo posto, di una nuova area residenziale.
Attualmente i collegamenti con Fiumicino Paese sono assicurati da bus CotraL diretti a Roma, e bus navetta per l’Aeroporto e la Stazione Parco Leonardo della FR1.
Simile è l’offerta tipica sulla FR3, con 4 treni l’ora: due di essi svolgono la percorrenza breve Ostiense-Cesano; il terzo è prolungato fino a Bracciano; il quarto è ulteriormente prolungato fino a Viterbo Porta Fiorentina.
Sulla FR5 l’offerta tipica è di 2 treni l’ora, che coprono la tratta Termini-Civitavecchia.