Il Colombario Portuense è una grande camera sepolcrale ad uso collettivo, in uso tra fine I sec. d.C. - inizio II e primi decenni del III sec.
È il quarto tra gli ambienti del Drugstore, chiamato anche Tomba D. È di forma rettangolare (stretta e lunga), con tre lati intagliati nel tufo. La tomba è stata danneggiata dall’edificazione dell’edificio sovrastante e dal passaggio di una conduttura fognaria: si conserva integra la parete d’ingresso in muratura, con la facciata interna organizzata a columbarium, con nicchiette per le urne cinerarie disposte in file ordinate. Successivamente vi vengono ricavati loculi per l’inumazione e banconi per i sarcofagi (due di essi si trovano oggi al Museo Nazionale Romano). Esternamente è stato individuato un focolare (con resti di ossa animali e frammenti ceramici) per i banchetti in onore dei defunti.
Vicini come colombe
La parete in muratura, lunga circa otto metri, si presenta oggi, all’esterno, priva di finiture, con i resti di un piccolo avancorpo per proteggere l’ingresso. Lo studioso Nibby, che visita il colombario nel 1827, attesta invece che all’epoca era ancora impiedi una «facciata di colonne, architrave, fregio e cornice, tutto di terracotta ». Dal piccolo avancorpo, scesi tre gradini, si accede all’ambiente sepolcrale, parzialmente ipogeo. La facciata interna, intonacata di colore giallo chiaro, ha una struttura a columbarium (colombario).
Il colombario è un tipo di costruzione funeraria ad uso collettivo, suddivisa in file orizzontali di nicchie nelle quali vengono conservate le urne cinerarie dei defunti. Il nome deriva dal fatto che le nicchie scavate nel muro ricordano, nell’aspetto, le cavità in batteria per l’allevamento dei colombi. I colombari hanno la massima diffusione nel periodo tra metà I secolo a.C. e il I secolo d.C., che coincide col periodo di massima diffusione della pratica della cremazione. Il colombario del Drugstore (come del resto gli altri due colombari dell’area) è quindi un esempio relativamente tardo. Questo tipo di sepoltura infatti - estremamente funzionale ed economico, potendo contenere in spazi limitati le ceneri di molte persone - è tipico dei contesti urbani in rapida espansione ed incremento demografico, come lo era in effetti il Suburbium del I-II sec. d.C. La curiosità è che anche le moderne cappelle funerarie nei cimiteri delle città più popolose (come Prima Porta, a Roma) spesso hanno struttura a colombario.
Il colombario del Drugstore è decorato in basso da uno zoccolo color porpora, ed è organizzato in quattro file di nicchie, ciascuna delle quali è contornata, nell’archetto, da una fascia anch’essa di color porpora. Sull’intonaco sono spesso graffiti i nomi dei defunti. Nella fila inferiore, sopra l’arco dell’ottava nicchia, si trova l’epigrafe di Ianuaria («Ianuariae») e, poco prima, sopra la quarta, l’epigrafe curvilinea di Brigantina («Brigantine», con errore nel caso genitivo).
A pochi metri di distanza è stato rinvenuto un altro piccolo colombario da 15 nicchie (nella Tomba dei Dipinti), e, di recente, nella vicina Necropoli di Vigna Pia è stato rinvenuto un terzo colombario. Altri colombari si trovano, sempre sulla Via Portuense, nella Necropoli dell’Isola Sacra.
I quattro sarcofagi
Nel Colombario Portuense sono stati ritrovati, in tutto, quattro sarcofagi.
Sul un lato dell’ingresso viene rinvenuto un sarcofago in marmo (sarcofago n. 1), poggiato sopra un bancone in muratura addossato alla parete. Il marmo, anch’esso sprovvisto di coperchio e datato alla stessa epoca del sarcofago di Selene, presenta il clipeo con una dedica per una donna che aveva superato i 40 ma non ancora raggiunto i 50 anni. Il dedicante è il marito.
Il sarcofago n. 1 si trovava poggiato su un bancone in muratura addossato alla parete d’ingresso, sulla sinistra. Si tratta di un sarcofago in marmo, ritrovato senza coperchio, che presenta al centro un occhiello con un clipeo con una dedica per una donna anziana (per l’epoca!), di età compresa fra i 40 e i 50 anni. Il dedicante è il marito. Il sarcofago è stato datato ai primi decenni del III secolo d.C. È oggi conservato al Museo Nazionale Romano.
Il sarcofago n. 2 si trovava anch’esso su un bancone, simmetrico a quello del sarcofago n. 1 rispetto all’ingresso. È anch’esso in marmo, senza coperchio e datato ai primi decenni del III secolo d.C. È decorato a lenos, con due clipei con all’interno le sculture in bassorilievo dei due busti delle divinità esotiche Helios e Selene, simboli del perpetuo alternarsi del giorno e della notte. Nel sarcofago gli archeologi hanno rinvenuto lo scheletro di una bambina di dieci anni con il suo corredo: un braccialetto d’oro e due orecchini, anch’essi in oro. Sia il sarcofago n. 2 che il corredo si trovano oggi al Museo Nazionale Romano.
Il sarcofago n. 3, in marmo, senza decorazioni, si trovava accanto al n. 2. Gli archeologi vi hanno rinvenuto, all’interno, i resti di un bimbo di 7 anni, senza corredo. Il sarcofago è ancora conservato nel Drugstore.
Il sarcofago n. 4, in terracotta e anch’esso senza decorazioni, si trovava vicino al 2 e al 3. Gli archeologi vi hanno rinvenuto due scheletri di età adulta, privi di corredo. Anche questo sarcofago è stato lasciato nel Drugstore.
Non è nota la relazione intercorrente tra i defunti del Colombario Portuense, ma in genere si tratta di componenti di un’unica famiglia allargata (clan familiare), compresi affini, schiavi, liberti, clientes (persone in rapporti d’affari) e persino amici sprovvisti di una tomba propria: nei colombari non si guardava insomma al legame di sangue al momento della nascita, ma soprattutto ai rapporti di cooperazione avuti in vita. Altre volte il vincolo è dato dall’appartenenza della medesima corporazione (ma non sembra questo il caso), e infine, soprattuto nei contesti extraurbani, talvolta i colombari finivano per andare oltre i confini del clan, aprendosi a tutti i componenti della comunità locale (ipotesi che al Drugstore potrebbe anche essere verosimile).