I Grottoni sono un complesso di gallerie e ambienti ipogei in località Santa Passera, che taluni identificano con le perdute Catacombe di San Felice.
Il sito è originato in epoca romana, da un’attività estrattiva di tufo e pozzolane, collegata al vicino porto fluviale di Vicus Alexandri. Nel Primo Novecento un’indagine archeologica conferma che almeno una parte delle gallerie è stata riutilizzata per uso cimiteriale, ma non sono state trovate iscrizioni o raffigurazioni pittoriche. Rimangono comunque le fonti antiche (il De locis sanctis e l’Index coemeteriorum) ad attestare che al III miglio si trovava il cymiterium ad Sanctum Felicem Via Portuensi. Tra gli studiosi il dibattito è aperto, anche se il successivo impiego delle gallerie, dal Settecento in poi, come cantine da vino, rende poco probabili nuovi ritrovamenti.
Una pluralità di fonti concorda nell’attestare le perdute Catacombe di San Felice al III miglio della Via Portuense-Campana. L’indagine del Primo Novecento, che avrebbe potuto essere risolutiva, ha sì chiarito la natura cimiteriale di alcuni ambienti della cava, ma non ha potuto fornire un’attribuzione certa. Successivi crolli hanno impedito la prosecuzione delle indagini.
Tra le fonti storiche, il libro De locis sanctis elenca Felice tra i Martiri portuensi «qui iuxtam Viam Portuensem dormiunt». L’Index coemeteriorum cita espressamente il Cymiterium ad Sanctum Felicem Via Portuensi miliario III. Infine un carme di Papa Damaso (366-384), elogiando il lavoro pittorico del Presbitero Vero, riporta incidentalmente che il lavoro pittorico si è svolto presso il Sepolcro di Felice.
Gli Itinera medievali collocano la tomba del Martire dopo quella di Paolo (a San Paolo) e prima di Ponziano (a Monteverde), al di sopra di un’altura dominante il punto in cui «il Tevere s’impaluda». Emilio Venditti ritiene che la descrizione sia compatibile con il costone di Vigna Pia. Styger e Cecchinelli-Trinci avanzano invece ipotesi diverse: il primo colloca le catacombe vicino San Ponziano; la seconda a via Traversari a Monteverde.
Nel Settecento i Grottoni sono in uso come cantina da vino di Vigna Jacobini. Gli ambienti attuali, sebbene assai ridotti, sono ancora in uso.
Le notizie biografiche su San Felice, presbitero romano martirizzato al tempo di Diocleziano, sono scarsissime e provengono da un racconto popolare, la Passio Felicis, del VII sec.
Il racconto vuole che Felice, condannato a morte e condotto al supplizio lungo la via per il mare, viene affiancato da uno sconosciuto che dichiara agli increduli militari romani di voler condividere la stessa sorte. I militi lo accontentano senza indugi, decapitando entrambi col medesimo spadone.
L’identità dello sconosciuto rimane un mistero, non solo per la folla che assistette al martirio, ma per la stessa Chiesa. La Passio Felicis parla di «eo quod sancto Felici auctus sit ad coronam martyrii» (un tale, aggiuntosi a Felice nella corona del martirio). La comunità ecclesiastica, volendo conservare memoria di questo gesto coraggioso, attribuisce all’ignoto un nome simbolico: Adauctus (che in latino significa «aggiunto»), a ricordare la virtù cristiana di aggiungersi a Felice nel martirio.
La tradizione liturgica ricorda perciò i due martiri insieme, il 30 agosto; il loro emblema, come tutti i martiri minori, è rappresentato dalla palma. Il Martirologio romano li ricorda con questa formula: «Santi martiri Felice e Adautto, che, per aver reso insieme testimonianza a Cristo con la medesima intemerata fede, corsero insieme vincitori verso il Cielo».
Oltre che nella Passio Felicis lo stesso racconto compare anche in un carme di Papa Damaso, senza aggiungere elementi biografici significativi, se non il fatto che Felice e Adautto sarebbero stati fratelli (ma si intende probabilmente fratelli nella fede).
Le reliquie, in giro per l’Europa
Il culto di San Felice, e del suo inatteso compagno Adautto, dura alla Magliana quanto un batter d’ali.
Tanto che a fine IV sec. le spoglie dei due martiri si spostano sulla riva opposta, al Cimitero di Commodilla sulla Via Ostiense. Qui ai due martiri viene dedicata una cripta, nella quale tra l’altro troviamo le uniche immagini di Felice e Adautto conosciute. Si tratta di uno dei più antichi affreschi paleocristiani, nel quale è raffigurato San Pietro che riceve le chiavi. Assistono alla consegna simbolica come testimoni i santi Stefano e Paolo, affiancati da Felice e Adautto.
La cripta viene trasformata da Papa Siricio (384-399) in una basilica sotterranea, successivamente ampliata e abbellita da Giovanni I (523-526) e Leone III (795-816), diventando meta di pellegrinaggi anche in epoca medievale.
Papa Leone IV (847-855) dona le reliquie dei due martiri alla devota Ermengarda, moglie di Lotario, contribuendo a diffonderne il culto nel Nord Europa. A Roma rimane tuttavia la reliquia più importante, la testa mozza di Sant’Adautto, conservata oggi nel reliquiario della chiesa di Santa Maria in Cosmedin alla Bocca della verità.